Saltato in aria con 600 grammi di tritolo: l’atroce morte di Pavlo Sheremet

Imma

L’addio a un grande giornalista e volto noto della tv russa

20 luglio 2016: atroce destino per il giornalista ucraino. È stato fatto saltare in aria con 600 grammi di tritolo, a pochi metri da casa sua e in pieno centro di Kiev. 

Atroce morte per il giornalista ucraino e volto noto della tv russa. È il 20 luglio 2016 e a pochi metri da casa sua e in pieno centro di Kiev viene fatto saltare in aria con ben 600 grammi di tritolo. L’esplosione è stata così feroce, secondo i testimoni oculari, che le fiamme si alzavano per diversi metri. L’intero mondo piange la sua morte e la sua fama che per anni ci accompagnato nei tortuosi sentieri delle sue parole e dei suoi racconti. Un uomo, di nazionalità russa, nato a Minsk e residente a Kiev, che con la sua carriera ha attraversato gli anni più complicati e delicati della storia dell’ex Urss, con un solo scopo: raccontare e fare capire al lettore. E forse proprio per questo dava fastidio. La verità brucia e chi la racconta è di intralcio per la società e per i capi del male che sovrasta l’universo. Sheremet notoriamente non faceva sconti a nessuno, da una e dall’altra parte. Un esempio del suo lavoro è stato il libro “I sogni uccisi”, dedicato all’ascesa e alla caduta di Mikheil Saakashvili, ex presidente della Georgia, oggi governatore della regione ucraina di Odessa. “La società russa non ha capito i problemi sottostanti che guidano la società georgiana” scriveva Sheremetev nel suo libro. E poi aggiungeva “la prima reazione dalla cerchia di Saakashvili è stata l’impressione che avevo scritto un libro fastidioso. Di conseguenza, i funzionari in Georgia consideravano il libro come filo-russo e in Russia come pro georgiano. Da ciò concludo che il libro è venuto bene”. Il suo modo di lavorare è stata la causa del suo tragico destino. La reazione ufficiale della presidenza ucraina è stata immediata. Il capo di stato Petro Poroshenko prima ha dichiarato che conosceva il reporter personalmente, poi ha messo in guardia: “Penso che l’omicidio sia stato organizzato per una sola ragione: destabilizzare la situazione in Ucraina, forse, prima di altri eventi”, ha detto in una riunione con le forze dell’ordine. Intanto da Mosca la reazione del ministero degli Esteri è stata duplice. Ufficialmente il dicastero ha messo nero su bianco che si trattava di un cittadino russo, che è stato un omicidio cinico e che “in Russia, Sheremet era conosciuto e rispettato come un giornalista di alta classe professionale”. Mentre su Facebook la portavoce Maria Zakharova ha definito il “sistema” Ucraina “un a fossa comune per giornalisti”. Il male di vivere, dunque, e la non – paura di raccontare.

di Immacolata D’Angelo

Print Friendly, PDF & Email