Andreas Brehme, amico fragile

lambertoQuando i riflettori si spengono, resta solo l’uomo. Con i suoi fantasmi e le sue paure. Quando i riflettori si spengono anche uno come Andreas Brehme, terzino sinistro tedesco campione del mondo nel 1998, si riscopre solo. E povero.
Era uno dei pilastri dell’Inter di Trapattoni. Arriva a Milano dal Bayern Monaco insieme a Lothar Matthaus. Sono in molti a non credere in lui. Ma il biondo terzino teutonico farà presto ricredere tutti. La fascia sinistra diventa il suo regno e grazie anche alle sue scorrazzate, i nerazzurri riusciranno a vincere nel giro di tre anni uno Scudetto, una Supercoppa Italiana e una Coppa Uefa.
Ma è il 1990 l’anno più bello per Brehme. Nei Mondiali che si giocano in Italia, la sua Germania arriva in finale con l’Argentina. Sarà proprio Brehme a segnare il rigore decisivo. Tedeschi campioni del mondo, Maradona battuto.
Dopo l’esperienza in nerazzurro andrà a Saragozza per poi finire la carriera nel Kaiserslautern, la squadra che lo aveva lanciato nel grande calcio. Appesi gli scarpini al chiodo, però, iniziano i problemi. Brehme tenta la carriera d’allenatore senza successo. Il 2006 è l’ultimo anno in cui ricopre un incarico nel mondo del calcio: vice allenatore di Trapattoni allo Stoccarda.
Alcuni investimenti finanziari sbagliati fanno crescere vertiginosamente i suoi debiti.
Ed ecco che arriva l’altra faccia del calcio. Quel mondo che prima ti coccola e ti vizia, poi ti abbandona quando non gli servi più. Ad aiutare il terzino tedesco sarà Beckenbauer: “Tutti noi abbiamo la responsabilità di venire in aiuto di Andreas Brehme. Ha dato tanto al calcio tedesco e grazie a un suo gol abbiamo vinto la nostra terza Coppa del Mondo. Il calcio teutonico deve ora restituirgli quello che ci ha dato”.
Dopo mesi di un silenzio assordante, Oliver Straube, ex calciatore di Norimberga e Amburgo e oggi titolare di un’impresa di pulizie, esce allo scoperto: “Andreas ti serve un lavoro? Vieni a pulire i bagni. Potrai lavare lavandini e sanitari, così capirai cosa significa lavorare davvero”.
Da calciatore Brehme non ha temuto nessun avversario, nessun attaccante, nessun portiere. Ma quando le luci della ribalta si sono spente, allora sì, ha avuto paura. Solo contro i suoi fantasmi. Nel menefreghismo di tutti, molti dei quali appena dieci anni prima urlavano il suo nome allo stadio.
A pulire i sanitari però, non c’è mai andato. È arrivata la sua ex squadra, il Bayern Monaco, a dargli una mano. Ora fa l’osservatore, in giro per l’Europa. Debiti quasi ripagati e stipendio a fine del mese. “Sorpreso dai vostri “Come sta?” / Meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci”.

di Lamberto Rinaldi

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