La controversa storia di Mimmo Lucano e del “modello Riace”

Domenico Lucano, sindaco di Riace, è al centro di una bufera giudiziaria e mediatica dai contorni molto controversi. Il 2 ottobre sono stati disposti gli arresti domiciliari, poi revocati il 26.
Ad aprire le indagini 18 mesi fa è stata la procura di Locri che al momento accusa il primo cittadino di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento di servizi a due coop della zona. Nelle indagini insieme a Lucano sono coinvolte altre 31 persone.
Regola aurea: procedere per gradi.

Il suo insediamento risale al 2004 quando prende in carico il piccolo paese calabro noto per ospitare 450, tra immigrati e rifugiati politici, su 1800 abitanti: grazie al “modello Riace” per una volta la Calabria è riuscita a far prevalere quel lato sano del Sud italiano in tutto il mondo.
Nell’ottobre del 2017 Lucano è raggiunto da un avviso di garanzia per diversi capi di accusa, alcuni piuttosto seri: truffa aggravata, concussione, abuso d’ufficio etc. Tutte le accuse più gravi però decadono e ne rimangono in piedi solo due. Secondo quanto diffuso in una nota del 2 ottobre, giorno dell’arresto, stando a un’intercettazione telefonica il sindaco avrebbe tentato di organizzare un matrimonio tra una donna nigeriana e un italiano al fine di regolarizzare la residenza nel Paese. Da qui l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Sembrerebbe che alla donna fosse stato negato il diritto di asilo per ben tre volte. Nell’ordinanza del gip, che ha parlato di “impianto accusatorio laconico” e “congetturale”, si legge di altri due episodi simili: un presunto “matrimonio misto” coinvolgerebbe addirittura il fratello di Mimmo. Non sappiamo però se nessuna di queste unioni sia stata di fatto celebrata.
L’altra accusa ancora vigente riguarda due cooperative della zona: Ecoriace e Arcobaleno che, tra ottobre 2012 e aprile 2016, hanno goduto di un affidamento diretto di appalti riguardanti la gestione porta a porta dei rifiuti senza che fosse stata indetta alcuna gara e senza che le coop fossero iscritte ad alcun albo regionale.

Chi è Mimmo Lucano e come nasce il “modello Riace”? Vent’anni fa si vedevano per le strade di questi paesini le conseguenze della migrazione interna del Paese a senso unico dal Sud verso il Nord. Anche Riace si stava spopolando tanto che si volevano chiudere le scuole per assenza di alunni. Poi “il destino di questo paese è cambiato”. A dirlo è la Bbc, la più importante emittente britannica. Il progressivo spopolamento ha convinto ad aprire le porte a chi arrivava e arriva nel nostro Paese chiedendo asilo e ospitalità. L’idea è stata di Domenico, per tutto “Mimmo”, ai tempi non ancora sindaco ma “migrante di rientro”, tornato appunto per non andarsene più. La prima accoglienza risale al luglio 1998: riguardò 184 curdi provenienti da Iraq, Turchia e Siria. Furono ospitati in una struttura della curia a Riace Superiore.
Nel 1999 Mimmo fonda l’associazione tramite cui opera, “Città futura”. Due anni dopo Riace, insieme a Trieste, è il primo paese a essere coinvolto nei progetti di accoglienza diffusa, i cosiddetti Sprar, rivolti a richiedenti asilo e rifugiati e oggi al centro di un progressivo ridimensionamento come vorrebbe il decreto Salvini.
Con il tempo il modello Riace si è perfezionato: prevede che le case vengano concesse in comodato d’uso e che i finanziamenti, elargiti dal governo al comune, siano destinati a borse di lavoro o attività commerciali gestite da migranti insieme a persone del luogo.
Lo scorso agosto Mimmo ha iniziato uno sciopero della fame perché Riace è stata esclusa dalla lista degli enti beneficiari dei finanziamenti, sia per il periodo luglio-dicembre 2017 che per il primo trimestre del 2018. Questo ha fatto accumulare ingenti debiti.

“Mi sento come il pescatore che deve vedere annegare delle persone per non finire coinvolto nel reato di immigrazione clandestina”, ha dichiarato lo stesso Lucano.
Riace vive questo tipo di organizzazione da quattordici anni e prima non era mai balzata alle luci della cronaca se non per essere un modello positivo: è la dimostrazione che si può convivere in armonia e se solo fosse semplice riprodurre il modello su scala nazionale risolveremmo gran parte dei problemi del nostro Paese. Tuttavia è chiaro che qualcosa è andato storto: Lucano è partito con i migliori presupposti e ha poi finito per perdere la retta via? O le inchieste a suo carico sono solo figlie di un clima di odio, ormai sin troppo diffuso nel Paese? Lasciamo che la Magistratura faccia il suo lavoro e al di là di come si concluderà questa storia è bene fare tutto il possibile per preservare il “modello Riace” intatto: anche per far sì che rimanga qualcosa di sinistra nel nostro Paese.

di Irene Tirnero

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