In Turchia le donne che dicono no alla violenza finiscono in tribunale

Ricordate alcuni versi della canzone intitolata Un violador en tu camino (Uno stupratore sul tuo cammino), ideato lo scorso anno dal collettivo femminista cileno Las Tesis?

Il patriarcato è un giudice
che ci giudica per essere nate.
E il nostro castigo
è la violenza che non vedi.

La performance che accompagna questa canzone è stata replicata 367 volte in tutti i continenti e in 52 paesi, compresa la Turchia, come un forte atto di resistenza che rientra in un nuovo movimento globale, con l’obiettivo di affrontare le violazioni dei diritti delle donne, le violenze sessuali e i femminicidi in tutto il mondo.

Ebbene solo nel 2019 sono state 440 le donne uccise in Turchia, 3 in un solo giorno in quanto donne che avevano espresso la loro volontà di divorziare dai propri mariti o rompere il legame con i loro fidanzati, sei donne invece dovranno essere processate proprio per aver eseguito la performance di Las Tesis, i cui testi secondo le autorità turche, costituiscono un reato.

La Turchia è stato l’unico paese in cui la polizia ha interrotto la performance di Las Tesis, ed è oggi l’unico paese che ha aperto procedimenti legali contro donne a causa delle proteste al ritmo della canzone Un violador en tu camino, però le stesse identiche contestazioni, come già detto, si sono diffuse in tutto il mondo senza reazioni da parte delle autorità competenti.

La Turchia è un paese in cui le donne che si oppongono agli abusi, ai femminicidi, alle violenze, alle molestie e agli stupri vengono processate.

Un episodio tra i tanti, uno solo tra tutti per far capire il dramma che vivono le donne, considerate meno di oggetti, una proprietà dell’uomo che si sente legittimato a farne ciò che vuole fino alla loro morte.

Nella provincia di Konya, un uomo Ömer İ. ha sparato alla sua ex fidanzata e alla madre di lei, uccidendole. E’ emerso in seguito che la ragazza era andata al commissariato di polizia due ore prima dell’attacco per sporgere denuncia contro l’uomo e chiedere un provvedimento restrittivo nei suoi confronti. Lo stato non ha potuto o voluto proteggere la giovane donna e sua madre che erano giustamente preoccupate per la loro vita a causa delle continue e ripetute minacce dell’uomo.

L’assassino ha poi ottenuto uno sconto di pena per essersi costituito.

Il crimine è il femminicidio.
Impunità per il mio assassino.
È la scomparsa.
È lo stupro.

E la colpa non era mia
né di dove stavo né di come ero vestita.
E la colpa non è mia
né di dove stavo né di come ero vestita.

Così continua la canzone. Una canzone il cui testo viene considerato “reato” nella Turchia che giudica le donne.

Quindi sei donne che dicono, “non camminerete mai sole” e “fermeremo i femminicidi”, saranno processate a Istanbul. E il resto della canzone sarà cantata nell’aula di tribunale.

Lo stupratore sei tu.
Lo stupratore sei tu.
Sono i poliziotti.
I giudici.
Lo stato.
Il presidente.

Benvenuti nella Turchia di Recep Tayyip Erdogan.

di Stefania Lastoria

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