Una società con la gioia di vivere

Nell’articolo dice l’eretico, del 15 febbraio, proposi il titolo: abbiamo un governo, non un cambiamento. Oggi debbo ricredermi, sono stato ottimista. Dovrei dire non abbiamo cambiamento, ma non è facile dire che abbiamo un governo.

Avere un governo dovrebbe significare avere un progetto e  un programma che abbia mezzi (risorse economiche e maggioranza politica) per realizzarne parti Se invece ti trovi nella situazione di poter disporre di risorse anche importantissime (240 miliardi di euro per i prossimi vent’anni) e tuttavia devi sospendere un consiglio di ministri perché non c’è accordo su una differenza di un’ora per qualche giorno di coprifuoco, allora  devi pretendere una maggioranza più coesa almeno su segmenti comuni di lavoro, come faceva la vecchia Dc con governi semestrali.

Ma questo, commenta l’eretico, non sembra possibile, perché non c’è neppure un programma credibile. Si hanno solo argomenti, ma non scelte.

Si vuole la riforma della giustizia, ma non ci sono proposte comuni, o almeno confrontabili.

Si vuole la riforma fiscale, ma si è d’accordo solo sul dire <<meno tasse>>.

Si vuole la riforma della sanità, ma non si ha il coraggio di affrontare una modifica costituzionale dei rapporti impossibili (evidenziati dalla pandemia) tra stato e Regioni.

Si vuole una società migliore, ma non si ha il coraggio di fare qualcosa perché l’economia dominante sia tale che qualsiasi situazione, guerra, pandemia, globalizzazione, mondo del lavoro, conducano sempre allo stesso risultato: i ricchi più ricchi, i poveri più poveri.

Si pensi, ricorda l’eretico, che nel 2011 i 400 americani più ricchi avevano più ricchezza della metà di tutti gli altri americani messi insieme, e che oggi lo stesso risultato è in mano a primi 350 americani.

Si pensi che 5 anni fa la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco degli italiani superava quanto detenuto dal 70% più povero, sotto il profilo patrimoniale.

Si pensi che secondo l’OCSE nel 2012, lo 0,6% della popolazione mondiale (composto da adulti con oltre 1 milione di dollari in attività) o dai 42 milioni di persone più ricche del mondo deteneva il 39,3% della ricchezza mondiale. Il 95% inferiore deteneva il 28,4% della ricchezza mondiale.

Si pensi che nel 2012 il 60% inferiore della popolazione mondiale deteneva la stessa ricchezza nel 2012 delle persone nella lista più ricca composta da 1.226 miliardari più ricchi del mondo.

Potrei continuare a lungo, aggiunge l’eretico, ma non ci sono scelte possibili, che facciano sperare in un futuro coerentemente orientato per momenti diversi dalla confusione attuale. E questo perché la nostra società ha suggestioni perverse, che non fanno pensare a quello che si potrebbe fare insieme, ma ti illudono a credere solo a quello che puoi fare con il tuo egoismo.

Pensiamo per esempio ad alcune categorie di persone, dice l’eretico.

Per esempio ai giovani. Nella attuale versione del governo Draghi il debito pubblico dello stato è previsto crescere di una ventina di miliardi di Ecu, che saranno loro giovani a dover pagare. Ma non fanno niente per difendersi.

Per esempio alle donne, per le quali sembra si faccia tanto (a parole) contro la violenza. Ma il modello così pesantemente suggerito da essere quasi imposto è la donna costruita da gioielli, profumi, abiti; non per sé, ovviamente, ma come oggetto di seduzione in una società tuttora estremamente maschilista. Ma non sono generalmente convinte a battersi contro quel modello. 

Ecco, il problema vero, ne è convinto l’eretico, è che siamo in una società che non vuole cambiare, che è determinatamente egoista, e di individui che ugualmente la subiscono, anzi la accettano, la vogliono.

E questo significa mancanza di un progetto. Non è solo un problema di risorse economiche, o di maggioranze politiche, o di programmi di governo.

È la mancanza di un progetto.

Anzi, di più, dice l’eretico, è il rifiuto di prendere in esame l’unico progetto, universale, forse utopico ma oggi proposto all’attenzione di tutte le donne e gli uomini della terra.

È il rifiuto delle parole, dell’esempio, del modello di società proposto da Francesco, Vescovo di Roma, chiamato dalla fine del mondo a convertire la sua chiesa.

Sembra incredibile, ma quasi nessuno dei personaggi (detti politici) sulla scena pubblica in Europa ha pensato a leggerlo, come se il dialogo tra diversi, il lavoro insieme, la fraternità così spesso dimenticata, il senso degli altri, la ricchezza come risorsa della collettività e non dell’esaltazione statistica siano cose possibili solo in altri mondi, non nel nostro.

Ed è da ringraziare quei pochissimi che in qualche modo l’hanno ricordato, da Rosi Bindi a Giovanni Conte e a Enrico Letta, come momento di attenzione per un rinnovato impegno.

Solo così, con un progetto senza confini, si può sperare per una società più giusta, più uguale, più libera più fraterna, nella quale valga per tutti la gioia di vivere.

l’Eretico

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