A volte il petrolio non è una ricchezza

In una vallata ricca di verde, dove scorre uno dei pochi fiumi del territorio, nel sud est Sicilia, l’Irminio, da anni, sarebbe presente, in contrada Moncillè, una perdita di petrolio, che, goccia dopo goccia, giorno dopo giorno, prova ad invadere il terreno circostante, inzuppandolo, cercando una propria via. Non è, forse, semplice prevedere se in futuro potrà produrre danni al territorio, se inquinerà falde acquifere, se c’è rischio e di che entità per le forme di vita di flora e fauna.

Se ne è parlato nel 2019, quando il problema è stato posto per la prima volta. Se ne parla nuovamente oggi, dalla fine del 2021.

La preoccupazione nasce dal fatto che sembrerebbe essere presente del materiale oleoso, la cui origine, naturale o legata all’intervento dell’uomo, fa periodicamente nascere dubbi e desiderio di rassicurazione e chiarezza sugli interventi volti a contenere il fenomeno.

In quella zona esiste, inoltre, da circa settanta anni un vecchio oleodotto che portava il petrolio, estratto per la lavorazione, a Priolo Gargallo.

Si è posto, quindi, anche il quesito se si può trattare di residui provenienti dalla vetusta e non più utilizzata conduttura.

Nella stessa zona, in un tempo più vicino, è stata creato un pozzo, il “ Ragusa 16”.

E’ in prossimità di questo nuovo pozzo, ora dismesso e messo in sicurezza, che si sono raccolte circa 2300 tonnellate di greggio misto ad acqua, con una percentuale di petrolio che, da una relazione, si aggirerebbe sul 25/30%.

Il pozzo Ragusa 16 è stato, però, chiuso all’inizio del 2020 senza segnalazioni di problemi legati direttamente alla sua presenza. Da quel momento sono state diverse le proposte volte a recuperare il petrolio che, indifferente agli interventi, continua a fuoriuscire.

L’azienda Eni ha, fino ad oggi, provveduto con tecniche diverse a contenere il fenomeno inquinante creando dei bacini sifonati, utilizzando skimmer a rulli (è un sistema galleggiante per il recupero di sostanze petrolifere inquinanti sulla superficie dell’acqua.), stendendo panne oleoassorbenti, realizzando due bacini di contenimento per aggirare, e non contaminare, le acque del torrente che scorrono da monte.

Sono opere importanti, risultati tutte utili per evitare un cambiamento, aggravamento della situazione ecologica.

E’ rassicurante che, fino ad ora, le misure di contenimento sembrerebbero essere state adeguate ma è giusto, d’altro canto, domandarsi se c’è la possibilità di un intervento definitivo o se, come indicato dalla stessa Eni in concomitanza con altri enti certificanti, si tratta di un fenomeno naturale, noto in zona, che può, al momento, essere controllato, senza rischi di cambiamenti in negativo per l’equilibrio ecologico.

di Patrizia Vindigni

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