Piaceri e dispiaceri dell’onestà

Daniela Baroncini

Con la consegna degli elenchi dei candidati alle elezioni del 5 giugno si é finalmente messa in moto la macchina elettorale. Sono 150.000 gli aspiranti al governo dei Comuni: dovrebbero essere tutti italiani integerrimi, oggi come oggi ci basterebbe che fossero onesti.

“Italiani, popolo di combattenti” lo scrisse Giosuè Carducci.
“Italiani, popolo di pensatori” é una definizione di Benedetto Croce.
“Italiani, popolo di eroi” lo disse D’Annunzio e sulla facciata del Palazzo della Civiltà italiana all’EUR é scritto: “popolo di santi, poeti, navigatori”. Nessuno che ci abbia lasciato scritto: “Italiani, popolo di onesti”?
Onestà é parola difficile, impegnativa e anche un po’ ingombrante, usata ed abusata fino ad essere ridotta ad uno slogan, scandita, gridata ad alta voce, un po’ svilita.  Invece l’onestà é preziosa perché merce rara e sta a metà tra il desiderio e l’esigenza: honesty, così difficile da “sentire”, é proprio quello che cerco in te, cantava Billy Joel. E aveva anche ragione: è dagli altri che la pretendiamo, ancor prima che da noi.

Tra evasori fiscali, corrotti e corruttori, profittatori, millantatori di credito, bugiardi, demagoghi, malati di narcisismo, trasgressori, razzisti, falsi profeti, l’esercizio della democrazia dovrebbe metterci in condizione di individuare gli indispensabili onesti nella moltitudine dei candidati amministratori. Stando alle cronache quotidiane di ruberie nostrane dovremo cercare con molta cura. Gli onesti sono pochi, sono eccezioni, ma esistono ancora: dissimili da tutti gli altri, come nei greggi le pecore nere. E “La pecora nera” é il titolo di un racconto di Calvino, un gioco letterario sull’onestà, testo geniale, paradossale e amaro, attuale quanto mai.

“C’era un paese -comincia così- dove erano tutti ladri. La notte ogni abitante usciva, coi grimaldelli e la lanterna cieca, e andava a scassinare la casa di un vicino. Rincasava all’ alba, carico, e trovava la casa svaligiata. E così tutti vivevano in concordia e senza danno, poiché l’ uno rubava all’ altro, e questo a un altro ancora e così via, finché non si arrivava a un ultimo che rubava al primo. […] ora, non si sa come, accadde che nel paese si venisse a trovare un uomo onesto…”

Si trattava di un uomo che passava la sera in casa a leggere romanzi. Onesto era e onesto restava, non c’era nulla da fare. E quando gli spiegarono che se non voleva rubare non era una buona ragione per non lasciar fare agli altri e che ogni notte che lui passava in casa, era una famiglia che non mangiava l’indomani, si decise a uscire e a lasciarsi derubare, ma non a rubare. La vita di tutto il paese dei ladri non fu più la stessa, definitivamente scombinata da un uomo soltanto.

Gli onesti non hanno altra pretesa che vivere la propria diversità ed é per questo che sono rivoluzionari. Ne basta uno solo per sovvertire un intero sistema.
Gli onesti sono rari, eppure non si rassegnano all’estinzione anche se la pratica dell’onestà è più fatica che piacere, é frutto di un rigore morale che diventa anche antipatico, col tempo, in un mondo di furbi.
Nel Piacere dell’onestà Pirandello scriveva: “Meglio essere eroi che onesti”. Per essere eroi basta un giorno. L’onestà è lunga tutta una vita.

di Daniela Baroncini

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