Heysel, una strage sportiva senza precedenti

Salvo

Il 29 maggio ricorreva il 31esimo anniversario dalla tragedia di Bruxelles

Quel 29 maggio 1985 a Bruxelles si attendeva solo il fischio d’inizio di Juventus-Liverpool, valevole per la finale dell’allora Coppa dei Campioni. Il clima era mite, anzi faceva caldo, eppure l’inferno vero e proprio sarebbe scoppiato solo dopo. Intorno alle 19, quando cioè i tifosi bianconeri in fuga dagli hooligans agguerriti si accalcarono contro il muro opposto al settore avversario.
Imbarazzante si rivelò l’azione delle forze dell’ordine locali, che non sapendo come intervenire restarono a guardare la furia degli inglesi; e, quando lo fecero, presero a manganellate gli italiani intenti a scappare verso il prato, ignorando che quella non fosse un’invasione, bensì una via di fuga per la salvezza.
Così, costringendo i restanti supporter a indietreggiare fino al muro che delimitava il settore, si creò una calca spaventosa, il cui eccessivo peso fece crollare il divisorio, schiacciando numerose persone, mentre altre non ebbero sorte migliore perché calpestate dalla folla in fuga. Il bilancio fu terribile: 39 morti tra le tifoserie di Juventus e Liverpool, in maggioranza italiani (32), più quattro belgi, due francesi e un irlandese. Ben 600 invece i feriti.
Partita rimandata? Neanche per sogno. Quando di mezzo c’è il business, show must go on. Sempre. E allora semplice rinvio alle 21.40, con un sempre più sconcertato Bruno Pizzul a raccontare l’incontro con «tono neutro, impersonale e asettico», come da egli stesso precisato. Più drastica fu la tv tedesca, che si rifiutò di trasmettere la partita, mentre quella austriaca, pur non interrompendo la diretta, sospese la radiocronaca, mettendo in sovrimpressione una scritta che recitava: «Questa che andiamo a trasmettere non è una manifestazione sportiva».
Alla fine la Coppa andò ai bianconeri, ma quasi nessuno se ne accorse. A parte Michel Platini, che forse esultò in maniera un po’ troppo entusiastica, distinguendosi da alcuni suoi compagni di squadra; tipo Zbigniew Boniek, ad esempio, che decise di non ritirare il premio partita. O come Marco Tardelli, che si scusò pubblicamente per quei festeggiamenti.
«Il ricordo della tragedia dell’Heysel unisce il mondo del calcio e l’Europa intera. Il dolore e la dignità delle famiglie delle vittime rappresentano l’insegnamento più importante, a distanza di anni, per tutti coloro che amano il calcio, indipendentemente dai ruoli che ricoprono». Con queste parole Carlo Tavecchio, presidente della Figc, ha voluto commemorare i 31 anni da quella che, a tutt’oggi, resta una strage sportiva senza precedenti.

di Massimo Salvo

Print Friendly, PDF & Email