Ban il mediocre

L’Onu ha ancora un senso? Se, a pochi mesi dallo scadere del secondo mandato di Ban Ki-moon come Segretario generale delle Nazioni Unite, la domanda non appare illogica, allora già emerge un certo tipo di bilancio sul suo operato. Certamente da diplomatico puro qual è, Ban ha fatto del basso profilo un obiettivo. E non è detto che questo sia sempre un qualcosa di negativo. È altrettanto vero che difficilmente un Segretario dell’Onu rimane nella storia. Sfido chiunque a nominarne più di due. Da’altronde qualcosa di positivo Ban Ki-moon lo ha pure fatto. Nel 2012 la Palestina è stata finalmente riconosciuta come paese osservatore non membro; poi, soprattutto, il suo maggior successo: l’accordo sul clima siglato a Parigi nel dicembre 2015. Un accordo non perfetto, ma forse era impossibile ottenere di più, tenuto conto degli interessi particolari delle grandi potenze e dei petrolieri. Eppure la realtà la si può ignorare ma non cancellare. L’Onu appare oggi ai più come un inutile carrozzone burocratico gonfio di sprechi e di corruzione. Ci sono i continui scandali, spesso insabbiati. Solo recentemente le Nazioni Unite hanno riconosciuto una loro responsabilità nello scoppio di epidemia di colera ad Haiti, durante i soccorsi dopo il terremoto del 2010. E poi gli abusi sessuali dei caschi blu: 99 accuse solo nel 2015. Anders Kompass, un funzionario dell’Onu, si è dimesso per la frustrazione. Aveva denunciato abusi su minori in Repubblica Centrafricana da parte di truppe francesi e africane. Da queste denunce non è scaturito niente, solo indifferenza e impunità. Lo stesso Ban Ki-moon, nel 2011, aveva appoggiato l’intervento in Libia per rovesciare Gheddafi. Oggi appaiono chiare le conseguenze di quell’intervento, a dir poco affrettato. Quando poi non è stato dannoso è stato inutile. Sui rifugiati e i migranti ha speso tante belle parole. Pochi, invece, gli obiettivi veri e specifici. Piuttosto, rimane la stessa mentalità, in continuità con il passato. Magaricambiando i nomi. Come nel caso degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che hanno sostituito gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. La sostanza non cambia. La stessa strategia fatta, anzi, di propositi ancor più vaghi e meno misurabili. Nonostante dal 2000 gli investimenti mondiali in aiuti esteri siano quasitriplicati non è stata trovata nessuna prova che questi abbiano portato un consistente sviluppo. Allora dove vanno quei fondi? Forse sarebbe utile notare che, osservando i dati rilasciati dall’Onu stesso, tra le nazioni con il saldo (tra forniture e approvvigionamenti) maggiormente positivo figurano paesi come Etiopia, Sudan, Zimbabwe. Tradotto: alcuni tra i regimi più repressivi al mondo. Tuttavia, l’evidenza contraria non è bastata a far cambiare l’approccio. Allora, nei 17 nuovi Obiettivi, lanciati nel 2015, troviamo tra l’altro: eliminazione della fame, no povertà, istruzione di qualità, buona occupazione e crescita economica. Bellissimi concetti. Peccato che ancora una volta ci si sia dimenticati di un obiettivo, il più importante: la democrazia. Vale a dire, la libertà di ogni popolo di determinare il proprio destino, senza decisioni calate dall’alto e prese in qualche stanza dall’altra parte del mondo. Perché solo noi stessi, come popolo, comunità o individui possiamo giudicare ciò che è meglio per noi. Pare, invece, che questo l’Onu non lo abbia ancora capito.

di Pierfrancesco Zinilli

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