Solidarietà sotto sgombero. Baobab experience.

giulia-138x126Accanimento istituzionale. Di questo parlano i nove sgomberi, compreso quello del campo adibito insieme a Medici per i Diritti Umani, che hanno parlato di omissione di soccorso, subiti a Roma da Baobab Experience nell’arco degli ultimi due mesi, da quando l’accampamento di Via Cupa, creato dagli attivisti e che accoglieva molti dei migranti transitanti a Roma, ma anche richiedenti asilo e relocation, è stato sgomberato il 30 settembre scorso. Questo accadeva poco dopo la dichiarazione di incapacità con la quale si è concluso il tavolo con l’Amministrazione Capitolina che andava avanti da luglio 2016 proprio per trovare una soluzione alternativa al campo in strada. Dopo la chiusura di Via Cupa tuttavia, i presidi precari composti da soli sacchi a pelo e qualche tenda che i volontari hanno allestito di volta in volta in vari luoghi abbandonati intorno alla Stazione Tiburtina sono stati tutti tempestivamente sgomberati, con una solerzia più che atipica, accanita. Gli oggetti personali e i documenti dei migranti, insieme a tende, sacchi a pelo, gazebo, armadietti, medicine, vestiti, il tutto rigorosamente donato dalla cittadinanza solidale, vengono regolarmente distrutti durante gli sgomberi se non messi prontamente in salvo dagli attivisti. Inutili i sit-in in Piazza del Campidoglio durante il consiglio straordinario su Via Cupa l’11 ottobre e in Piazza Santi Apostoli il 12 novembre con lettera consegnata alla Prefetta di Roma per chiedere la cessazione degli sgomberi in attesa di una soluzione a lungo termine che includa un infopoint nella Stazione Tiburtina ed un hub per i migranti sul modello di quello milanese, come promesso dall’Amministrazione romana.
Il carattere incalzante degli sgomberi insieme alle recenti affermazioni minatorie della polizia nei confronti dei volontari, unito infine all’assenza di alcuna soluzione di carattere politico anche solo temporaneo, configurano una situazione di accanimento istituzionale volto a cancellare dalle strade romane l’esperienza di produttiva e vivace solidarietà che è da tempo esempio vivente di come un’accoglienza diversa sia non solo possibile, ma sopravviva anche in strada, sotto la pioggia, senza acqua corrente né elettricità.

E’ il mutuo riconoscimento di umanità tra migranti e volontari a rendere questa accoglienza un esempio. La distribuzione dei pasti, le docce la domenica alla Palestra Popolare di San Lorenzo, l’assistenza legale e quella medica, la mediazione culturale, le numerose attività sportive e culturali che ogni giorno animano la strada, ogni volta diversa, che volontari e migranti condividono, si svolgono all’insegna del riconoscimento reciproco come esseri umani. E’ attraverso la conoscenza reciproca che si realizza la parte più cruciale dell’accoglienza, quella che in qualche modo può già definirsi integrazione. I migranti non sono numeri, ma hanno un nome, un’identità, una storia e dei sogni che condividono con i volontari sempre a contatto con loro, così come gli attivisti condividono le proprie vite con i migranti. Attraverso questa mutua conoscenza, attraverso il riconoscimento della non alterità del migrante rispetto al volontario e viceversa, si creano non solo legami personali, ma solidi ponti con il Paese che accoglie e poi con l’Europa. Perché sia che questi migranti viaggino e raggiungano parenti in altri Paesi dell’Unione dove ottengono poi asilo politico, oppure che restino in Italia, portano con sé l’esperienza di essere già stati accolti come pari in una comunità di cittadini. E’ questa la solidarietà che oggi a Roma è sotto perenne sgombero.

di Giulia Montefiore

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