Marcos Cafù della favela

Un vecchio proverbio brasiliano dice che “puoi togliere un uomo dalla favelas, ma non puoi togliere la favelas da quell’uomo”.

Quella di Jardim Irene è una delle favelas più grandi di Sao Paolo, la più popolosa delle città brasiliane, 11 milioni di abitanti. Cinque vie, una scuola e un campo di calcio. Quasi mille baracche, perché chiamarle case sarebbe uno sfregio. Mattoni appoggiati a lamine di eternit, pezzi di ferro sottratti alla spazzatura, niente acqua potabile e elettricità.

La stessa scuola, fino a qualche anno fa, era fatta di tubi di acciaio. Adesso ha il lusso di essere in cemento e avere delle finestre. La favela di Jardim Irene esiste dagli anni 70, gli abitanti della capitale la chiamano Rua da bosta, via della merda, perché le fogne, quando esistono, scorrono a cielo aperto.

Secondo alcuni esistono solo tre modi di uscire da un posto simile: con una pallottola in corpo, con una pistola in tasca o con un pallone al piede. Marcos Evangelista, detto Cafù, ha scelto l’ultima via.

Primo di cinque fratelli, tutti col nome in M, Mara, Margareth, Marcelo, Mauricio e Mauro. Il giorno, oltre a badare a loro, Marcos corre per le strade di Jardim Irene. Potrebbe entrare in qualche banda, diventare una sentinella o una formica, a portare droga in giro per la città. Ma Marcos preferisce correre dietro a un pallone, come fanno gli altri bambini. Perché il calcio in Brasile non è solo gioia e sogni, è anche un modo per dimenticare, per scappare dalla vita di tutti i giorni, per fuggire i problemi. Così Avenida Central diventa un’area di rigore, rua Quatro è un campo da calcio. Il Maracanà è lontano 500 km, ma se lo chiamano lo stadio dei sogni allora si avvicina all’improvviso.

È inseguendo il pallone che Marcos diventa Cafù. Colpa del padre, tifosissimo della Fluminense e della sua ala destra: Cafuringa. Così il destino sembra segnato. Ma i provini vanno tutti male, Cafù viene scartato e mandato a casa. Ci penserà il Sao Paolo, a 18 anni, a tesserarlo. È solo l’inizio della storia del terzino più forte della storia. Arriva in Italia, prima a Roma e poi al Milan. Vince di tutto: Coppa Campioni, Scudetto e Mondiali.

Ma non si può togliere la favela da un uomo. Non si può togliere Jardim Irene dalle vene di Cafù. La scuola in acciaio ora è un centro che accoglie i ragazzi della strada. Per studiare, imparare un mestiere e, soprattutto, giocare a calcio. La via migliore per uscire dalla favelas.

di Lamberto Rinaldi

 

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