Trump e il no ai bagni transgender
Nell’America di Trump, i muri crescono in fretta. Prima ancora che il fantasma del muro contro il Messico diventi visibile, l’amministrazione del neo presidente mette in fila mattoni di intolleranza e discriminazione, uno dopo l’altro.
Non ancora esaurito il turbine di polemiche per uno dei primi decreti emessi da Trump, che impone – contro legge – restrizioni alle persone provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana, il tycoon rilancia e cancella una delle ultime direttive dell’ex presidente Obama il quale aveva chiesto a tutte le scuole del Paese di lasciar liberi i propri studenti transgender di scegliere il bagno da utilizzare all’interno dell’istituto, non facendo quindi del sesso un limite. Secondo Trump invece l’identità di genere è una scelta che non deve andare oltre a quello che si sente interiormente. Ragazzi e ragazze dovranno quindi utilizzare bagni e spogliatoi pubblici in base al loro sesso di nascita, dando così forma a quanto espresso in campagna elettorale circa una misura che secondo lui Obama non aveva il diritto di rendere una misura da applicare a tutti i cinquanta Stati.
In effetti, la misura non andrà ad annullare immediatamente quella che era stata la risposta di Obama allo scandalo scoppiato circa un anno fa nel North Carolina, dove venne approvata una contestatissima legge “anti-gay”. Né impedirà, nelle scuole che vorranno permetterlo, che gli studenti utilizzino i bagni in cui si sentano più a loro agio. Ma la mossa del neo presidente è andata di nuovo, nei primi giorni di mandato, ad operare nel campo dell’uguaglianza e dei diritti civili e umani. Se Barak Obama era stato accusato di “di voler trasformare i luoghi di lavoro e le scuole in laboratori per un grande esperimento sociale”, Trump è andato di fatto a dar voce alle richieste di quell’ala conservatrice e intollerante dell’America, non preoccupandosi a quanto pare di aver toccato il 39% dei consensi tra gli americani che si sono trovati a giudicare l’operato del presidente fino a questo momento. Ma se il considerare un “ambiente sicuro” una scuola che mette i ragazzi di fronte a divisioni che saranno già costretti ad affrontare nell’impatto con il resto del mondo, quanto sarà breve il passo per considerare “sicuro” un mondo in cui marcare le differenze verrà praticamente imposto? Trump ha, durante la campagna elettorale, affermato di considerare i matrimoni gay un fatto compiuto su cui non ha intenzione di tornare a discutere. Ma un decreto del genere è così lontano dall’arrivare a toccare la storica legalizzazione delle nozze tra omosessuali?
Chi grida soltanto al politicamente scorretto nel caso dei bagni delle scuole forse ha ragione, ma non è lungimirante. Lo spettro di anni di battaglie rese vane nel tempo di una firma è dietro l’angolo.
Di Giusy Patera