Insulti e critiche 2.0: benvenuti nel mondo del cyberbullismo

Pensate ad una classe di adolescenti. Ad un gruppo di ragazzini tanto immaturi quanto capaci di sentirsi forti soltanto ripetendo gesti, modi di fare, atteggiamenti, frasi. A tredici anni il gruppo è tutto e farne parte è essenziale. Non importa a che prezzo.
Pensate a chi dal gruppo rimane fuori. Perché non ha lo stesso coraggio, lo stesso spirito di emulazione. Perché quell’adolescenza infame gli regala timidezza o l’apparecchio o qualche chilo in più. Non fa differenza. Lui o lei sono fuori dal gruppo, e di quello stesso gruppo bersaglio e divertimento. Le ore trascorse tra i banchi possono diventare infernali, le feste di compleanno solo occasioni in cui ci si sente più soli.
Se fino a qualche anno fa rinchiudersi fra le mura domestiche bastava, almeno per un po’, a porre fine a quello che per un ragazzino sembra sicuramente simile all’inferno, oggi l’inferno è in casa. O meglio, tutto chiuso dentro un social network.

Di cyberbullismo si parla tanto oggi, come dell’altro lato della medaglia rispetto alle meraviglie del mondo web. Un macromondo dai confini confusi, di cui non si ha percezione, ma forte come il gruppetto di bulli della classe accanto. Solo più numeroso. E più spietato, grazie all’immunità che un account permette. Nascondersi dietro uno schermo permette al timido fuori dal coro di mostrarsi e affermarsi come vuole. Ma permette all’insicuro di diventare forte grazie a poche parole scritte a caso su una tastiera. Lette, copiate da gruppi Facebook dalla moralità dubbia. Sono sempre di più i ragazzini presi di mira tramite messaggi e post su Facebook. Ma se tutto nasce nel web, non è certo lì che muore. Perché oltre lo schermo del pc c’è un adolescente che somatizza. Che crede a quello che legge. Che non ha il coraggio di uscire di casa. Ed arriva ad azioni estreme come uccidersi.

Diminuire il peso delle parole è difficile, ma in questo caso agire a livello legislativo è necessario. È di pochi giorni fa l’iniziativa dell’Istituto nazionale per la Privacy che ha che ha promosso la nascita del Cnac, il Centro Nazionale anti Cyberbullismo presentato in questi giorni alla Camera dei Deputati. Una legge in materia di cyberbullismo ancora non esiste, ma quello che si propone il Cnac, come afferma Camilla Bistolfi che ne tiene la direzione, è quello di dare un consulto innanzitutto a livello legale a famiglie e ragazzi: “Vogliamo diventare un punto di riferimento nazionale nel contrasto al cyberbullismo, ma soprattutto un approdo sicuro e affidabile per le vittime. […] Serve, infatti, una guida in grado di far capire ai ragazzi come difendersi, per non farli sentire persi e confusi in caso di aggressioni digitali, ma serve anche educazione per i soggetti che potrebbero trasformarsi in cyberbulli, affinché comprendano la gravità anche legale di questi comportamenti prima di attuarli”.
Come sempre, la risposta sta nell’educazione e nell’informazione. Il web è un mondo parallelo, meraviglioso è terribile: necessario impedire ai giovani di perdercisi dentro.

Di Giusy Patera

Print Friendly, PDF & Email