VILLAS AD GALLINAS ALBAS

Tra i resti… La leggenda. Mosaici e affreschi affermano lo splendore che fu della villa di Livia Drusilla, moglie dell’imperatore Augusto.

Situata sopra un costone di roccia, domina la valle del Tevere. A nord di Roma nell’odierna borgata di Prima Porta nota alle cronache storiche per essere stato il luogo dove Costantino, in guerra contro Massenzio, mentre era qui accampato con le sue truppe ebbe in sogno un angelo che mostrandogli una croce gli disse “ln hoc signo vinces”. Costantino vinse contro Massenzio.

La villa si trova al vertice del bivio della Tiberina e Flaminia, due consolari che hanno fatto la storia di Roma. I primi scavi iniziarono nel 1863 ad opera di privati. Le strutture superstiti della villa conservavano intatte le pitture e i mosaici, solo nel 1951 le condizioni degli affreschi consigliarono la loro rimozione.

Oggi sono conservate presso il museo Nazionale Romano. Il vuoto lasciato è stato colmato con pannelli che riproducono fedelmente le immagini degli affreschi. Le raffigurazioni testimoniano l’importanza di questa villa. Sembra di vedere in quelle stanze i banchetti, il vino scorrere a fiumi e sentire la musica, dolce melodia, che accompagnava le danzatrici dalle movenze morbide e flessuose.

Durante gli scavi fu scoperta una statua marmorea di Augusto. Copia della statua di bronzo che celebrava il ritorno nel 20 a.c. delle insigne militari catturate dai Parti nel 53 a.c. dopo la sconfitta di Crasso a Carre. La statua in marmo risale probabilmente al 15 d.c. alta due metri e otto centimetri, mentre Augusto era alto un metro e settanta e raffigura un giovane in uniforme militare, forse su un modello di Alessandro Magno. L’imperatore è scalzo. ln quei tempi era segno di divinità. Un cupido a fianco del suo piede destro, rimanda a Venere Dea dell’amore. Nella mano sinistra regge una lancia. La destra invece è distesa come se dovesse reggere altre armi. La postura è quella classica dei portatori di lancia greci.

Livia fu la terza moglie di Augusto, figlia di Marco Livio Druso Claudiano, rappresentò per la sua bellezza e pudicità l’ideale di donna imperatrice romana. Si fa partecipe della vita politica romana. Capisce che anche dietro le quinte si può governare.

Plinio cita la villa nei suoi lavori letterati. Un’antica storia, “Villa Ad Gallinas Albas”. Si racconta che un’aquila mentre volava sulla villa, lasciò cadere dai suoi artigli una gallina di colore bianco intenso (Simbolo di purezza). Il bianco volatile portava in bocca un ramoscello d’alloro. Venne considerato come un evento di buon auspicio. La gallina fu allevata e il ramoscello piantato dando origine ad un bosco di lauro. Da quel momento ogni imperatore in battaglia portava un ramoscello di alloro. Usando come consuetudine mettere sul capo l’alloro dopo ogni vittoria. lI ramoscello veniva poi piantato sul campo della battaglia vinta.
Le piante erano considerate profetiche. Se appassivano indicavano eventi funesti. Proprio per questa usanza in tutta Italia ci sono boschi di alloro con il nome degli imperatori romani.

Nonostante Roma, durante il secondo conflitto mondiale, fu dichiarata Città aperta, molti luoghi di valore storico archeologico, non vennero risparmiati. Truppe tedesche trovarono bivacco anche tra i ruderi della villa di Livia e come si può immaginare il sito subì danneggiamenti. Ad aggravare poi la situazione ci fu l’esplosione nel 1944 di un ordigno bellico che lesionò la sala sotterranea. ll sito è visitabile. La zona della villa dal 1973 e stata destinata a parco pubblico. Nei primi anni ottanta è stata ripresa l’esplorazione e il restauro dei reperti. Attualmente, la Soprintendenza Archeologica di Roma sta continuando l’opera di scavo. I secoli non hanno fatto perdere il fascino che questa villa aveva. Ancora oggi la sua leggenda aleggia tra i resti delle stanze, dei peristili, delle terme. E lo sguardo del visitatore alla fine, inevitabilmente, si poserà su un boschetto di allori poco distante. Ci si sente tentati per un attimo di prendere un ramoscello. Un attimo in cui ci sentiamo imperatori. Per un attimo la leggenda ci fa suoi.

di Antonella Virgilio

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