Strage di Portella della Ginestra: per non aver detto si alla mafia

La festa dei lavoratori, a Portella della Ginestra, vicino Palermo, ha un sapore diverso. Quest’anno ricorreva il 70esimo anniversario dalla strage: il primo  maggio 1947, il bandito Salvatore Giuliano insieme alla sua banda, sparò sulla folla di manifestanti, uccidendo 12 persone e ferendone 30.

Sebbene si conoscano gli esecutori materiali, non si è mai scoperto il movente alla base di questo gesto, che è considerato “il primo mistero dell’Italia Repubblicana”. Di sicuro però, qualunque esso sia, affonda le randici nel lontano 1943 e nel periodo di liberazione che seguì.

Durante lo sbarco degli Alleati sull’Isola, la mafia seppe ben sfruttare la situazione a proprio favore, arrivando ad alimentare, tra le varie cose, un vasto mercato nero in cui lavoravano molti giovani. Tra questi, c’erano anche Giuseppe Pasciotta e Salvatore Giuliano, che un giorno scambiò qualche chilo di frummento con una pistola.

Salvatore fu più volte fermato, finché un giorno i carabinieri gli spararono sei colpi di moschetto, a cui Guiliano riuscì a rispondere uccidendo uno degli uomini in divisa. Nella fuga, perse la sua giacca, all’interno della quale fu rinvenuta la sua carta d’identità: da quel momento divenne ufficialmente un ricercato e quindi un latitante, condizione che non gli impedì però di creare la nota banda.

La zona di Portella era notoriamente “rossa”, contraddistinta da un movimento contadino molto attivo nell’opporsi alla mafia. La criminalità organizzata non tollerava questa ribellione e al contrario sosteneva il Movimento Indipendentista Siciliano (Evis), dietro il quale per anni si nascose il bandito Giuliano.

In quel primo maggio del ’47, scesero in piazza duemila lavoratori, contro il latifondismo che imperversava su le loro terre. Mentre i banditi sparavano sulla folla, quattro uomini sulle montagne videro “un uomo in impermeabile bianco con un binocolo al collo”, che fu poi identificato come Giuliano, uccidere insieme al suo gruppo.

Le ipotesi alla base di questo folle evento sono sempre state due: c’è chi l’ha interpretato come un atto di terrorismo della destra, schieramento a cui si riconduce Salvatore Giuliano, volto a stimolare una reazione ancora più eclatante nella sinistra; chi invece lega la strage alla mancata elezione a sindaco dell’avvocato Varvaro, a cui Giuliano forse aveva promesso dei voti. Salvatore li punì per non aver chinato il capo davanti la mafia.

di Irene Tinero

Print Friendly, PDF & Email