Vivian Maier: una fotografa ritrovata

Una fotografa sconosciuta in ambito fotografico, ma le sue immagini rivelano il suo potenziale nascosto. Un caso di riscoperta postuma. L’enigma di un’artista che in vita realizzò un enorme numero di immagini senza mai mostrarle a nessuno e che ha tentato di conservare come il bene più prezioso.

Una fotografa ritrovata esposta al Museo di Roma in Trastevere dal 17 marzo al 18 giugno 2017. L’attesissima mostra è arrivata a Roma. Una presentazione al pubblico di una raccolta di immagini provenienti dallo sterminato archivio fotografico di questa sorprendente fotografa di strada. Oltre 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come l’autrice si avvicinasse ai suoi soggetti. Oggi possiamo ammirare le sue fotografie grazie al lavoro di John Maloof, che ha riportato alla luce, alcuni anni fa, la straordinaria opera della Maier.

Vivian Maier, tata di professione, ha scattato, tra il 1950 e il 1990, centinaia di migliaia di fotografie in giro per il mondo, dalla Francia agli Stati Uniti, senza mai mostrarle a nessuno, senza che nessuno notasse che lei scattava. I suoi incredibili scatti in bianco e nero sono uno specchio straordinario della società americana ritratta con abilità e talento, proprio come uno street photographer. Un occhio per il dettaglio, per la luce, un tempismo impeccabile e un’instancabile capacità di continuare a scattare per riuscire a cogliere ogni istante. Vivian Maier possedeva tutte queste qualità che è già difficile trovare in un fotografo professionista che dispone di una buona preparazione. Possedeva queste doti che è raro trovarle in una persona priva di una formazione specifica. Aveva tutte le carte in regola per diventare una protagonista nel campo della fotografia. Il suo grande talento, spinta e persistenza, i giochi di luce e i contrasti di chiaro e scuro evidenziano una notevole padronanza della sua Rolleiflex.

Le sue immagini sono straordinarie, di ampio respiro e di ottima qualità, e raccontano con ironia e sensibilità, con atteggiamento partecipe e umano verso gli altri, le mille sfaccettature della vita urbana americana. Ritraeva le città dove aveva vissuto: New York e Chicago con uno sguardo curioso, attratto da piccoli dettagli, dai particolari, dai bambini, dagli anziani, da vecchie signore in abiti vistosi, dagli innamorati che passeggiano, dagli operai, da volti sofferenti o allegri, dai mendicanti ed emarginati, dalla vita che le scorreva davanti agli occhi per strada, da episodi tipici della società americana, come la demolizione di vecchi edifici che lasciano il posto a nuove costruzioni, dalle vite sconosciute dei poveri e degli oppressi, dalla città e i suoi abitanti. Una serie di situazioni quotidiane sempre colte con prontezza e partecipazione. Un’immersione nelle città e in ciò che di unico hanno da offrire. Insomma c’è la vita della metropoli, le luci dei quartieri alti, le ombre dei vicoli più miseri. C’è tutto il palcoscenico della vita delle strade di New York e Chicago nelle foto di Vivian Maier. Immagini di una tale bellezza e di una grande potenza espressiva che rivelano una grande fotografa. Una donna misteriosa dal talento artistico folgorante. Come spettatori delle sue fotografie assistiamo al suo costante sguardo indagatore, alla sua messa in discussione del mondo com’era allora, il maschilismo, il razzismo quotidiano nelle strade di New York, ma anche la bellezza ed il puro piacere della vita vissuta.

Vivian Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina, conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza neanche parlarne, condividerle o utilizzarle. Le sue fotografie non sono mai state esposte né pubblicate quando lei era in vita, la maggior parte dei suoi rullini non sono stati sviluppati. Vivian sembrava fotografare per se stessa. Spicca la presenza di numerosi autoritratti, quasi un possibile lascito nei confronti di un pubblico con cui non ha mai voluto o potuto avere a che fare. Il suo sguardo austero, riflesso nelle vetrine, nelle pozzanghere, la sua lunga ombra che incombe sul soggetto della fotografia diventano un tramite per avvicinarsi a questa misteriosa fotografa. Scattò molti autoritratti, caratterizzati dal fatto che non guardava mai direttamente verso l’obiettivo, utilizzando spesso specchi o vetrine di negozi come superfici riflettenti.

Vivian Maier è stata una fotografa statunitense, della cui attività artistica si sapeva ben poco fino a pochi anni prima della sua scomparsa. La vita e l’opera di Vivian Maier sono circondate da un alone di mistero. Non si sposò, non ebbe figli e forse nessun amico. Era profondamente interessata a tutto ciò che la circondava e scopre la passione per la fotografia. Tata di mestiere, fotografa per vocazione, non abbandonava mai la macchina fotografica, scattando compulsivamente con la sua Rolleiflex. È il 2007 quando John Maloof, all’epoca agente immobiliare, acquista durante un’asta parte dell’archivio della Maier confiscato per un mancato pagamento dei canoni di affitto. Capisce subito di aver trovato un tesoro prezioso e continuerà a cercare materiale riguardante questa misteriosa fotografa arrivando ad archiviare oltre 150.000 negativi e 3.000 stampe. Una scoperta che lo ha portato alla conservazione dell’ampia opera della Maier, rimasta sconosciuta per più di mezzo secolo e alla divulgazione del suo lavoro, organizzando mostre itineranti in tutto il mondo. L’interesse crescente per le sue immagini lo hanno portato a diventare il custode della sua eredità fotografica, altrimenti la sua collezione di immagini sarebbe rimasta nell’oblio.

Vivian nasce il 1° febbraio 1926 a New York da padre austriaco e madre francese, entrambe figli di famiglie di emigranti. Separatisi i genitori, lei rimane con la madre, che poi trovò rifugio presso un’amica francese che viveva nel Bronx, una fotografa professionista riconosciuta. Fu lei che trasmise a Vivian la passione per la fotografia. Il problema fu che tutte le sue immagini rimasero nascoste alla vista del pubblico fino alla fine della sua vita. Fino a quel momento nessuno era ancora a conoscenza della quantità e della qualità del suo lavoro, lei stessa infatti non sapeva che la sua produzione fotografica era stata scoperta due anni prima della sua morte. Così lei morì credendo che le sue pellicole fotografiche fossero ancora rinchiuse in scatole su scatole fra i suoi effetti personali e prima che John Maloof, che cercava sue notizie e voleva valorizzare la sua opera, potesse trovarla e incontrarla. Mentre l’età avanzava, Vivian si trovò ad attraversare gravi difficoltà finanziarie. Anziana, sul finire del 2008, ebbe un incidente cadendo e battendo la testa, per cui viene ricoverata, ma quel ricovero che doveva essere passeggero, si rivela fatale. Muore il 21 aprile 2009. Ha passato la vita a fare la tata in benestanti famiglie americane, ma in lei si nasconde uno dei talenti più sorprendenti della street photography del novecento, scoperto per caso.

Il mondo della fotografia ha scoperto una maestra. Una preziosa testimonianza, unica ed eccezionale nel suo genere, dell’arte di una grande fotografa che sembrava immortalare la realtà per sé stessa e che custodiva i suoi scatti come il bene più prezioso. È chiaro che la Maier ha contribuito a consolidare il principio che la fotografia è un’arte. L’elemento chiave della sua tecnica è l’uso della luce con cui riesce a dar vita a immagini estremamente precise nei particolari eppure omogenee, molte delle quali sono ormai entrate nella nostra memoria collettiva. Le sue migliori fotografie rimarranno per sempre e ricorderanno l’umile natura di perseguire con una macchina fotografica la verità nelle strade.

Una fotografia non è solo documento di una certa scena, è anche un mezzo per comunicare altre emozioni.

di Maria De Laurentiis

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