Cine-pillole della Fase 3

Il 15 giugno riaprono cinema e teatri, ma sono molte le sale che restano chiuse. Le spese per il personale e per le misure di sicurezza da garantire, infatti, non compenseranno il calo di pubblico, determinato sia dal limitato accesso consentito agli spettatori, sia per i timori legati ancora al contagio, sia perché la stagione estiva porta a rarefare le visioni al chiuso. La gente preferisce le arene all’aperto, oltre a cominciare ad andarsene in vacanza.

Il 18 giugno riapre anche il Cinema Farnese, la storica sala romana in Campo de’ Fiori, con una programmazione di nuove visioni. È in fase di rapido montaggio –  soprattutto – un film collettivo, fatto con i video inviati e che continuano a essere inviati da molti spettatori durante il lockdown. Il titolo è: Il primo fotogramma. Sarà proiettato nei primi giorni di riapertura.

Dall’1 al 6 luglio si svolge a Roma, Rendez-Vous, l’annuale rassegna del cinema francese, presso l’Arena Nuovo Sacher, la sala di Nanni Moretti. Anche qui posti proporzionalmente limitati e biglietti acquistabili on-line.

Ora qualche titolo di film visto su piattaforme digitali, iniziando da uno ancora non uscito in sala.

Bar Giuseppe. Stile e Vangelo. Lungo un tratto quasi disabitato di una provinciale pugliese, il bar del titolo è l’unico ritrovo dove mangiare qualcosa e fare rifornimento di carburante. La moglie di Giuseppe muore per un infarto mentre all’alba tira su la saracinesca del locale. Lui ha due figli: un buon panettiere sposato con prole e un disperato povero cristo violento, drogato e squattrinato. Assume una giovane migrante africana, Birka, per aiutarlo a servire gli avventori. Sventa un tentativo di rapina, ma lo fa con una pistola rubata dal figlio maledetto. Finisce agli arresti domiciliare. Qui passa le giornate facendo il falegname, proprio come il Santo di cui porta il nome. Birka, che in lingua Swahili significa Vergine, gli porta da mangiare. Ogni riferimento alle Sacre Scritture è esplicitamente dichiarato. L’autore, Giulio Base, è laureato sia in Storia del Cinema, sia in Teologia. Pochi registi italiani sono in grado di staccare uno stile così elevato e significativo, in termini di inquadrature, campi lunghi, sequenze e movimenti della macchina da presa. Proprio tale rara qualità stilistica riesce a sostenere l’impervia ambientazione ai giorni nostri di un racconto sacro. La più grande prova attoriale di Ivano Marescotti, nel ruolo di un ruvido e quasi afasico Giuseppe. Gratuito su Raipaly.

Napoli Velata. Assurdo profano partenopeo. Adriana, esegue autopsie, è una delle migliori anatomopatologhe della città. A un party conosce Andrea. Senza quasi neanche una parola, finiscono a letto insieme, entrambi folgorati da un identico fulmine d’amore semi divino. È ciò che lei aspettava da anni, ma a cui aveva ormai desolatamente rinunciato. Il giorno successivo, però, lui si ritrova sul lettino del suo obitorio, ucciso e deturpato in maniera orrenda. Adriana inizia uno stordito vagabondaggio per le strade e gli ambienti della città, con una commissaria di polizia e il suo vice che continuano a farla vorticare nelle cupe volute dell’intrigo. Lei, invece, non riesce a uscire dalle spire di quell’amante di una sola notte. Si vede, si sente ancora avvolta dal fuoco sacro delle sue braccia. E una notte rincontra le sue esatte sembianze fisiche. Chi è: un sosia, un fantasma, una materializzazione del suo abissale desiderio d’amore? Ferzan Ozptek riesce a tradurre le suggestioni narrative in un’atmosfera densa, stordente, in cui l’irreale non è che l’assurdità dello stessa realtà. Su Netflix.

84 Charing Cross Road. Connubio perfetto tra cinema e letteratura. Tratto dalla vicenda epistolare vera svoltasi nel corso di vent’anni tra la scrittrice americana Helene Hanff e Frank Doel, l’impiegato di una storica libreria londinese, la Mark&Co., situata nella via del titolo. Lei cerca libri di letteratura inglese introvabili a New York e loro glieli spediscono a prezzi accettabili. Lo scambio di lettere poco alla volta si estende a tutte le persone che lavorano nella libreria. Attraverso le rispettive vicende personali riviviamo la storia e le mutazioni del costume tra le due sponde dell’Atlantico. La letteratura è proprio nella qualità delle lettere che i personaggi si scambiano, soprattutto quelle tra i due protagonisti, sottilmente velate d’amore e ironia. Nel film e nelle lettere la scrittrice fa  dichiarazione di credo stilistico: solo ciò di cui si può dire “io c’ero” è autentica letteratura. E tali sono stati tutti libri della Hanff. Il cinema è qui la capacità di dare immagine, volto, voce, abitudini, vestiti, sguardi al silenzio di quelle parole scritte sulla carta. Prodotto da Mel Brooks nel 1986, per il 21° anniversario del matrimonio con Anne Brancroft, che ci fa rivivere con Antony Hopkins questa struggente e poco conosciuta storia. Su Netflix.

Crisis: behind a presidential commitment. Imperdibile: più che un documentario, un thriller politico ad alta tensione cinematografica. Usa, giugno 1963. Il Presidente John Kennedy è costretto a uno scabroso braccio di ferro con il governatore dell’Alabama, George Wallace. Questi si oppone alla iscrizione di una studentessa e di uno studente di colore nell’Università del suo Stato. Si metterà con la sua stessa persona davanti l’ingresso dell’Ateneo per impedirgli fisicamente di entrare il giorno dell’iscrizione. Inizia una partita a scacchi condotta a fior di pelle tra due tesissimi sfidanti. L’irremovibile governatore dell’Alabama e Bob Kennedy, fratello di John, allora Attorney General, ossia Ministro di Giustizia. Entrambi assistiti da uno stuolo di ferratissimi consulenti. Le riprese passano dalle abitazioni dell’uno e dell’altro, con tanto di figli, colazioni, bacetti, abbracci di saluto, alle loro bollenti scrivanie e telefoni istituzionali. La partita è sì a scacchi, ma con intorno centinaia di Guardie Nazionali e carabine pronte a sparare al primo inciampo. Le riprese, in un nitido bianco e nero, sono sempre in movimento. Il montaggio è serrato, compatto, ci restituisce pathos e tensione, ma non concede nulla alla retorica politica e cinematografica. Proprio per questo la denuncia del razzismo americano ti arriva come un pugno allo stomaco, tanto attuali sono queste immagini dopo l’uccisione di George Floyd a Minneapolis. Una grande lezione di cinema del regista reale Robert Drew. Il film ci mostra il volto e ci fa sentire la voce di John Kennedy, nello Studio Ovale, come non lo avevamo mai visto e ascoltato prima, alle prese con la spinosa crisi. Ogni decisione finale spetta a lui: anche quella di fare un discorso alla Nazione proprio contro la piaga del razzismo. Qualche mese dopo, il 22 novembre 1963, John fu assassinato a Dallas. Cinque anni dopo, il 6 giugno 1968, fu assassinato Bob a Los Angeles. I Wonder Pictures, proprio a far data dalla ricorrenza del 6 giugno, condivide gratuitamente il link del film sulla sua pagina Fb.

di Riccardo Tavani

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