No, non più donne di servizio

Mi ha fatto un certo effetto, nei giorni scorsi, a vedere sulla prima pagina di un quotidiano, il quadro “Le tre Marie” di Henry Ossawa Tanner, ad apertura di un articolo dal titolo “Donne nella società multiculturale”.
Mi ha fatto effetto, perché le tre Marie sono raffigurate al presente, con abiti ed atteggiamenti ben diversi da quelli della iconografia classica, che le ha sempre raffigurate con indumenti e riservatezze inverosimili, simili a quelle, oggi, delle donne nel mondo islamico,
Mi ha fatto effetto, perché il giornale non era uno di quelli normalmente sensibili alle tematiche di genere.
Era l’Osservatore Romano del 7 giugno,un quotidiano che da qualche tempo forse osserva di meno, ma certamente propone di più.
L’articolo era poi dedicato ad una riunione assembleare presieduta dal card. Tauran, sul tema: “Ruolo delle donne nell’educazione alla fraternità universale”. Ad essa ha partecipato papa Francesco, che si è soffermato in particolare su tre aspetti: valorizzare il ruolo della donna, educare alla fraternità e dialogare.

Non è stato un episodio isolato. Il giorno prima sullo stesso giornale c’era un altro articolo, dedicato sull’urgenza di porre rimedio al calo delle vocazioni femminili, dovuto all’emarginazione sofferta dalle religiose nella vita della Chiesa. In esso si leggeva: “Le giovani donne di oggi fanno veramente fatica ad accettare ruoli di servizio non riconosciuti, e soprattutto ad accettare che la loro voce non venga mai ascoltata nelle occasioni in cui si decide il presente e il futuro della Chiesa, cioè nelle occasioni in cui si esercita il discernimento.” dell’Osservatore Romano

L’autrice, Lucetta Scaraffia, nella sezione “Donne, Chiesa, Mondo” dell’Osservatore Romano (della quale è direttrice) da molto è schierata su questa tematica. E non paga, ha scritto il libro: “Dall’ultimo banco”. Ovviamente,le sue rivendicazioni sono interne al mondo cattolico. Quindi in qualche dialettica con le frange estreme del femminismo, ma con la consapevolezza che i tempi di un diverso ruolo sono arrivati.
Al riguardo, c’è un’intervista dello scorso gennaio, riportata nella sezione, che Giulia Galeotti ha fatto al card. Gracias, uno dei nove cardinali del C9, il Consiglio voluto dal pontefice per la riforma. In essa il prelato indiano si è espresso con un esplicito riconoscimento:
«Agli inizi della storia della Chiesa, ai tempi di Gesù non c’era alcuna discriminazione: nella mente di Nostro Signore ognuno ha il suo ruolo senza traccia seppur minima di gerarchia. È stato solo successivamente che le cose sono cambiate nella Chiesa: negli anni, infatti, le donne sono state relegate in posti e ruoli secondari. E il cambiamento è avvenuto perché la Chiesa vive nel mondo, e così facendo finisce per assumerne la mentalità: e nel mondo le donne avevano un posto di serie B».

La Chiesa vive nel mondo, è vero. Ma, come ebbe a dire il card. Martini, ha un ritardo di duecento anni. Un ritardo che papa Francesco vuole recuperare. Contro molte resistenze. Contro ostilità veramente poco cristiane.
E la Chiesa al tempo d’oggi patisce gravemente la mancanza di sacerdoti e (riprendo parole della Scaraffia) “sono le religiose oggi a sostituire molto spesso, almeno per quanto loro possibile, la presenza sacerdotale in vaste zone del mondo … E su di loro sempre di più pesa la responsabilità di testimoniare la presenza della Chiesa nelle situazioni più disagiate, spesso nei servizi più umili e faticosi, che però sono proprio quelli che danno la misura concreta della testimonianza cristiana”.

Nei servizi più umili e faticosi. E’ stato così per secoli. Per le donne, per tutte le donne, non solo per le religiose. Non sono passati cento anni da quando una donna che aveva partorito era “impura” per la chiesa cattolica e prima di essere ammessa nuovamente ai sacramenti, anzi, di poter entrare in chiesa, doveva assoggettarsi al rito della purificazione. E ancor oggi, nei comandamenti, donna e roba sono riportate allo stesso modo.
Ma intanto non si pronuncia la Commissione consultiva che deve decidere solo se le donne possono essere ammesse permanentemente al diaconato, primo gradino dell’ordine sacerdotale, oltretutto non importante, considerato di servizio. Nonostante il servizio che in tutto il mondo le donne svolgono nelle parrocchie, nonostante che ne non ci sia mai stato nei secoli qualche negazione.
Viene da pensare che nella Commissione non leggano l’Osservatore Romano. O almeno che non leggano gli articoli sul lavoro, sulla pace, sull’ambiente, sulla misericordia. E soprattutto sul ruolo delle donne e sulla forza del loro amore di madri

Non è solo un problema della chiesa cattolica. E’ un problema generale, essenziale per l’intera comunità di donne e di uomini del mondo.
E’ il problema di un mondo più giusto, più solidale, con più amore. Con le donne che potranno essere se stesse, “dominae” finalmente, la migliore metà del mondo. Non più sottomesse, non più in una società maschilista, non più omologate ad un modello che le annienta
Non è ancora il momento, ma la progressione è inarrestabile.
Come disse molto tempo fa un vecchio frate: “Giorno verrà” ..
E verrà davvero, quel giorno. Dobbiamo esserne convinti. Essere pieni di speranza.

di Carlo Faloci

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