Tra attacchi chimici e missili in Siria si continua a morire

La casa Bianca ha diffuso una nota secondo cui il regime siriano di Assad si sta organizzando per un nuovo attacco chimico. L’ultimo, quello del 4 aprile scorso, ce lo richiamo tutti: almeno 70 persone hanno perso la vita, agonizzando tra convulsioni, bava alla bocca e difficoltà respiratorie. Finì sotto attacco la provincia di Idlib e l’obiettivo militare era la città di Khan Sheikhun, ufficialmente una roccaforte dei ribelli.

Pochi giorni dopo, il 7 aprile, l’America si mostrò pronta a vendicare quanto accaduto: 59 missili Tomahawk furono spediti direttamente sul suolo siriano. In quella occasione il presidente russo Vladimir Putin, alleato di Assad nella lotta ai jihadisti dal 2015, rimproverò Trump di aver violato leggi internazionali. Il bue che dice cornuto all’asino.

La presidenza USA ha promesso che in caso di un nuovo attacco chimico per Bashar Al Assad, presidente siriano dal 2000, è previsto “un caro prezzo da pagare”. Il Cremlino ha definito la posizione del tycoon “un’inaccettabile minaccia”: da Mosca, il vicepresidente della commissione difesa, Franz Klintsevich, rincara la dose parlando di “una provocazione cinica senza precedenti”.

L’America dal canto suo deve essersi resa conto che muoiono in molti nella guerra civile siriana che perdura ormai da 6 anni: il portavoce Sean Spicer preannuncia che “potrebbero morire molte persone, tra cui bambini innocenti” nel caso in cui a questa presunta notizia seguisse un vero attacco chimico. Al monito degli yankee si fanno trovare pronti, come sempre, i cugini inglesi: il segretario per la difesa britannico, Michael Fallon, ha dichiarato ufficialmente il loro appoggio nel caso in cui l’America intervenga ancora, davanti un nuovo attacco chimico.

Assad fa un balzo indietro e replica che l’accusa di essere ricorso ad armi chimiche nell’attacco di aprile è “un’invenzione al 100%”. Le sue forze – si giustifica il presidente – hanno provveduto a consegnare tutti gli arsenali di armi chimiche già nel 2013, come concordato con la Russia, al fine di evitare azioni militari americane. Eppure il segretario americano Jim Mattis e il governo di Israele dichiarano di avere le prove che dimostrano che quello di aprile è stato un attacco chimico.

Chiosa l’ambasciatrice Onu americana, Nikki Haley: “Se ci saranno altri attacchi saranno incolpati anche Russia e Iran che la sostengono (la Siria nda) nell’uccidere la propria gente”.

Il vero mistero, al di là del motivo alla base di ogni conflitto, è perché in questo triangolo che va da Mosca a Washington, passando per Damasco, tre padroni ‘giocano’ a farsi la guerra, ma i soli a morire sono 96,073 civili, di cui 17,411 erano minori (le vittime del conflitto sono 465mila, stando a quanto rivelato dall’Osservatorio dei diritti umani in Siria. Stima a marzo 2017).

di Irene Tinero

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