Turchia, la marcia degli oppositori

1 milione di persone per oltre 450 km di percorso. Sono questi i numeri della lunga marcia degli oppositori di Erdogan, in Turchia. Un cammino lento, duro e quasi da altri tempi. Che non ha trovato ostacoli: non li hanno fermati le minacce di morte, i proietti lasciati per intimidazione sulla strada, le montagne di sterco lasciate fuori dai camper in cui avrebbero dovuto dormire.

La marcia di Kemal Kilicdaroglu, leader del principale partito di opposizione, il Chp, è stata scandita da tre parole, urlate a squarciagola e, finalmente, senza paura: “Hak, Hukukk, Adalet”. Ovvero: diritti, legge, giustizia.

Iniziata da Ankara il 15 giugno, è arrivata in poco meno di tre settimane al quartiere di Malpete ad Istanbul, dove è rinchiuso il deputato del partito Chp, Enis Berberoglu, condannato a 25 anni di carcere per aver divulgato segreti di stato, nell’ambito del trasferimento di armi turche ai ribelli siriani. Un cammino che serve soprattutto a denunciare lo stato d’emergenza in cui versa la popolazione: i procedimenti spietati scattati all’indomani del golpe fallito del luglio 2016 (che hanno portato ad oltre 50.000 arresti e il licenziamento di 150.000 funzionari accusati di cospirazione), l’abolizione dell’immunità parlamentare, un referendum costituzionale pilotato e truccato, la mancanza di diritti e di libertà. “Siamo di fronte ad una crisi senza precedenti nella storia della nostra repubblica – spiega Kilicdaroglu – Noi stiamo marciando per ristabilire la democrazia, la giustizia e le libertà fondamentali che abbiamo conquistato a così caro prezzo. Noi marciamo per denunciare un regime autoritario che si cela sotto una parvenza di democrazia. La nostra marcia finirà alle porte della prigione di Istanbul che ospita così tante vittime del regime. Ma speriamo che segni l’inizio di un nuovo movimento, la cui voce risuonerà al di fuori dei nostri confini”.

“Questa non è una manifestazione contro il governo – ha dichiarato Samet Akten, direttore della comunicazione degli organizzatori – è importante riconoscere il carattere eccezionalmente pacifico di questo evento, così come il suo scopo specifico. Noi stiamo esprimendo una volontà collettiva, bipartisan, per una giustizia equa e indipendente, che ultimamente manca alla Turchia”.

Per Erdogan invece, la grande manifestazione è composta di “complici del terrorismo” e continua la sua epurazione della classe dirigenziale: sono quasi 100 gli arresti nell’ultimo mese in cui sono incappati docenti e personale universitario.

La marcia degli oppositori è servita anche a questo, a far sentire la voce di chi non può. E Kilicdaroglu ha voluto simbolicamente percorrere gli ultimi chilometri della marcia da solo. Solo come chi è in carcere in attesa di un giudizio che probabilmente non arriverà mai. Ma pieno di gente alle sue spalle, che lotta insieme e per lui.

di Lamberto Rinaldi

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