Bambini o lavoratori?

Il numero dei bambini che sin dall’età di cinque anni, lavora, e lavora duro, in condizioni anche di pericolo, anziché andare a scuola, è spaventosamente alto in tutto il mondo, Italia compresa. Il lavoro minorile è purtroppo ancora una realtà fortemente presente in gran parte del mondo.

Vivono in Paesi poveri e sottosviluppati, sono costretti a lavorare come schiavi per portare a casa pochi soldi che spesso non bastano neppure a garantire un pasto alla famiglia. Per non parlare di quelli che vivono in balia di trafficanti e sfruttatori, quelli costretti ad imbracciare un fucile e a combattere per guerre di cui non capiscono nulla. I più vulnerabili sono i bambini di strada, privi di protezione, più facilmente esposti ad abusi e sfruttamento, crescono ai margini della società.

I bambini lavorano spesso in condizioni pericolose, maneggiando sostanze chimiche velenose, respirando fumi nocivi, trasportando pesi eccessivi. Di solito lavorano troppo, non mangiano abbastanza e sono sottopagati, se e quando vengono pagati. Molti rischiano la salute fisica e mentale. Siccome il lavoro infantile costa poco, i bambini sono spesso i più richiesti nelle economie in via di sviluppo.

I bambini, naturalmente, non hanno molte possibilità di organizzarsi o lamentarsi con le autorità quando sono costretti a lavorare troppo e sottocosto. Pochi conoscono i loro diritti legali e ancora meno sono quelli che contestano i loro miseri guadagni e le condizioni di lavoro spesso angosciose.

È normale che in Asia e altrove nel mondo i bambini lavorino senza orario, dormano sul pavimento della fabbrica e campino di scarse razioni alimentari? Siamo ai limiti della schiavitù, quando i bambini vengono rinchiusi senza luce sufficiente, senza un pasto adeguato, e nessuno si occupa della loro salute. È normale che migliaia di bambini sudamericani, caraibici e africani di ambo i sessi vengano “noleggiati” come persone di servizio senza la possibilità di ricorso alla legge, quando vengono sfruttati, picchiati o addirittura violentati? Lo sfruttamento del lavoro minorile è un dramma spesso silenzioso che ancora oggi coinvolge milioni di bambini nei paesi in via di sviluppo, sintomo e al tempo stesso causa di povertà e disagio sociale.

Giovanissimi tailandesi sgobbano in fabbriche non ventilate, migliaia di ragazzini indiani respirano zolfo e clorato di potassio fabbricando fiammiferi con polvere infiammabile. Bambini dell’America Centrale lavorano in campi trattati con pesticidi. Giovani fabbricanti di vetro brasiliani inalano polvere di silicio tossica e fumi di arsenico. Troppo spesso il risultato sono le malattie respiratorie. Ragazzini colombiani, brasiliani ed egiziani, utilizzati nei cantieri edili, subiscono spesso irreparabili lesioni spinali, dovendo trasportare pesanti carichi. I bambini che passano lunghe ore nelle fabbriche di tutto il mondo entrano spesso nell’adolescenza con gli arti ormai deformati per sempre. E migliaia di bambini non arrivano nemmeno all’adolescenza. Talvolta il danno fisico provocato da certi lavori è permanente.

Le lesioni fisiche non sono il solo tormento per i giovanissimi che lavorano. I bambini lavoratori sviluppano turbe psicologiche, ansietà e stress. Spesso sono proprio i genitori i peggiori aguzzini. Ancora oggi, certi padri indiani rimborsano i propri debiti costringendo i loro figli a un lavoro coatto. Ci sono genitori pakistani che mutilano i loro figlioli per farne dei mendicanti capaci di ispirare pietà. La famiglia è l’ultima a protestare contro lo sfruttamento dei bambini. Questa è la cosa più triste.

Le leggi che dovrebbero tutelare i ragazzini nei luoghi di lavoro esistono, ma raramente vengono applicate. Inoltre, le autorità di alcuni paesi che hanno leggi più severe chiudono gli occhi su alcuni degli abusi più smaccati. Il piccolo lavoratore brasiliano impara le regole del lavoro agricolo fin dalla più tenera età. Non sa giocare, lavora dieci ore al giorno, fuma e, non avendo abbastanza da mangiare, beve rum di canna per tirare avanti. È evidente che le leggi sul lavoro non bastano. Molti esperti propongono l’istruzione obbligatoria come mezzo per impedire il lavoro minorile. Ma spesso anche le leggi sull’istruzione vengono ignorate o aggirate.

Dobbiamo forse convincerci che un’abolizione totale del lavoro minorile sia un obiettivo utopistico? Ma c’è almeno speranza di migliorare la sorte dei bambini che lavorano? Per i milioni di giovanissimi che lottano ogni giorno per la sopravvivenza, l’avvenire si presenta povero di promesse e speranze. I bambini lavoratori non sanno che avrebbero diritto a qualcosa di meglio.

I lamenti dei bambini lavoratori si possono udire in tutto il mondo. Su scala mondiale la cifra è troppo alta. Bambini privati della propria fanciullezza, che soffrono molto quando sono costretti a comportarsi da “piccoli adulti”. Volti fragili di bambini, desiderosi solo di affetto e di protezione gratuiti.

di Maria De Laurentiis

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