Perché quella villa?
Belle e meravigliose opere hanno caratterizzato la carriera dell’architetto Armando Brasini, una però ha un tocco di mistero… villa Brasini.
Questa è una storia. La storia di un architetto e di una villa. Lui, l’architetto Armando Brasini, lei la villa… Brasini, villa dei misteri, chiamata anche il castellaccio.
Lasciamo per ora la villa e parliamo di lui, dell’architetto. Chi è Armando Brasini? Classe 1879, di famiglia povera, iniziò da giovanetto a frequentare bottega. Fu preso come allievo in un laboratorio di stucchi e decorazioni. Si mise subito in risalto per le sue doti di tecnica e creatività, tanto che negli anni della sua carriera di architetto ha sempre avuto una inclinazione per la decorazione. Ma questo non costituiva difetto, anzi era motivo di originalità e rendeva le sue opere uniche. La fama crebbe durante il periodo fascista. Adorato da Mussolini, Brasini divenne uno degli architetti preferiti dal regime.
Realizzo opere come la Basilica del Sacro Cuore in piazza Euclide, Villa Manzoni, il Buon Pastore, gli interni del Grand Hotel e il ponte Flaminio. Un ponte completamente rivestito di travertino, che attraversa maestosamente il Tevere. Prendendo il nome dalla via Flaminia, è stato progettato nel 1932, in piena epoca fascista, doveva creare una scenografica via d’accesso alla città di Roma. È lungo circa trecento metri e largo quaranta, con due ampi marciapiedi. Le alte torri marmoree che sorreggono i grandi lampioni, le fontane e i cippi cilindrici sui quali sono incisi i nomi e le distanze delle località raggiunte dalle due vie Cassia e
Flaminia, conferiscono al ponte un aspetto imponente. Armando Brasini ha disegnato anche un’urna, quella che racchiude le spoglie di Santa Rita da Cascia.
L’architetto era un appassionato di alchimia ed era un massone. Aveva creato per se anche un blasone, composto da tre colline con una mezzaluna e sotto un leone sdraiato. Forse un rebus per alchimisti.
La villa. Il castellaccio dei fantasmi. La villa paese, dove il mistero è reso palpabile dai mille tetti che la sovrastano. Non è una villa che colpisce per la sua architettura, attira lo sguardo di chi passa solo per qualcosa di misterioso. Al centro del castellaccio c’è un ninfeo, una fontana con statue di ornamento. Si dice che questo sia il punto esatto dove anticamente venivano messe al rogo le streghe. Si dice anche che sia il punto di incrocio di invisibili linee di energia che attraversano la terra. È chiamata anche villa del pianto, perché qui, i tedeschi, durante la seconda guerra mondiale, vi stabilirono il comando della Gestapo, la temuta polizia segreta. Tra le sue mura avvenivano interrogatori, torture ed esecuzioni. Si dice che Brasini si salvò dalla ferocia nazista solo per aver svelato loro un Segreto. Segreto che permetteva di liberare, un prezioso vaso, da un sistema di incastri nel pavimento. Nella villa si odono rumori di passi, sinistri e continui scalpiccii, che portano a sensazioni di strane presenze. Dicono che più volte si è cercato di capirne la provenienza, ma i fatti ancora rimangono inspiegabili. La passione che aveva Brasini per l’alchimia lo ha indirizzato a spargere sui muri del castellaccio, bassorilievi e decorazioni in chiave esoterica.
Forse la villa era solo un capriccio, un dar corpo alle sue inquietudini. Un’architettura anomala, distante da altre sue opere. Oggi è divisa tra residenze di gente importante e una nota attività di ristorazione e ricevimenti. Ma l’enigma ancora rimane. Perché questa villa?
di Antonella Virgilio