Le parole e i silenzi di Giuseppe Graviano.

Giuseppe Graviano non parla, si avvale della facoltà di non rispondere. Come un qualsiasi politico beccato con la mazzetta in bocca. Ma Graviano è un boss stragista, che nel carcere dove era rinchiuso, parlava e alludeva, faceva nomi e lasciava sottintendere, di fatto ricattava lo Stato. Interrogato dai pm di Palermo nel processo Stato-mafia, Graviano, 54 anni, in regime di isolamento da 23 anni, venerdi 20 ottobre, era in collegamento video dal carcere di Terni nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo. Il presidente della Corte, Alfredo Montalto, lo ha informato che era stato intercettato nei colloqui in carcere, con il detenuto Adinolfi Umberto e che questo era il motivo per cui veniva interrogato. Il presidente Montalto, gli ha anche ricordato che si aspettava questo interrogatorio, in quanto aveva detto che al processo Trattativa avrebbe colpito in tutte le maniere senza alcuna remissione.
A quel punto, il boss stragista Graviano, invece di colpire, come aveva lasciato intendere, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il pm Vittorio Teresi dopo l’udienza ha commentato “ me lo aspettavo. Graviano conosce la delicatezza delle intercettazioni da noi carpite in carcere. Non si poteva permettere di rispondere per fare proclami. Sono intercettazioni compromettenti e delicate, anche per l’immagine di Graviano all’interno di Cosa Nostra”. Giuseppe Graviano, faceva parte della super cupola, e anche se aveva 30 anni quando fu arrestato, conosce i segreti della Trattativa, era lui l’uomo incaricato da Totò Riina per compiere le stragi. Quando fu arrestato era a Milano con il fratello Filippo, mentre era in compagnia di un favoreggiatore che lo ospitava a Palermo in latitanza e stava accompagnando il figlio di 11 anni a fare il provino al Milan. Il ragazzo, era stato raccomandato a Marcello Dell’Utri da un suo amico palermitano, Melo Barone, poi deceduto. Molti sono i legami politici di Graviano, molte sono le cose che conosce, molte sono le cose non dette. Ma nella convinzione dei pm di Palermo, ce ne una che porta direttamente a Berlusconi e Dell’Utri. Tale ipotesi nasce dalle intercettazioni audio-video del boss di Brancaccio fatte a gennaio 2016 fino a marzo scorso su ordine degli stessi pm. In particolare, il 10 aprile, Adinolfi e Graviano parlano di un favore chiesto a Graviano da Berlusconi. Berlusca è cio che interpretano i pm dal,e registrazioni, mentre la difesa interpreta la parola con bravissimo. In questo quadro di interpretazioni avanza il processo per capire chi tirava i fili delle stragi e per avvantaggiare chi. I periti della Dia e della Corte di Assise confermano la trascrizione con la parola Berlusca. Graviano tace perchè dovrebbe scegliere tra Berlusca e Bravissimo. Nel primo caso impallina il caimano, lo stesso che inciucia con Renzi sulla legge elettorale, e che può tornare al governo, quindi utile agli amici degli amici in quanto ricattabile. Nel secondo caso, gli farebbe un regalo enorme accreditando la tesi del complotto giudiziario. Ma Graviano tace, anche se in molti temono che riprenda a parlare.

di Claudio Caldarelli

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