Paradise papers, tra evasione fiscale e ipocrisia

Sì è vero, forse non è un problema di noi “poracci”. Avere soldi da nascondere al fisco è una questione che – ahinoi – sembrerebbe riguardarci solo marginalmente. Ma in realtà che i ricconi del pianeta, e i loro fidi commercialisti, s’inventino di tutto per portare i loro guadagni nei paradisi fiscali di mezzo mondo e sottrarli così alle tasse dei loro paesi di residenza ci tocca eccome. Non per invidia, intendiamoci, ma per una questione di equità e giustizia sociale, dal momento che quelle mancate dichiarazioni sottraggono risorse ai servizi per i cittadini cui sarebbero destinate.

In principio furono i Panama papers, adesso il nuovo scandalo globale si chiama Paradise papers e riguarda diversi personaggi del mondo della politica, della finanza, dello spettacolo. E che personaggi. Tra coloro che hanno dirottato investimenti off-shore sembra esserci addirittura la regina Elisabetta, che così facendo non paga le tasse all’Inghilterra, cioè a se stessa. Contenta lei. E poi Bono, il paladino dei diritti civili che cantava Martin Luther King ma che oggi si definisce socialista champagne.

E Harvey Weinstein, il produttore “molestatore” la cui immagine pubblica è già stata ampiamente compromessa dalle rivelazioni a posteriori di molte donne passate per il suo ufficio. Adesso, non è che in assoluto sia illegale fare operazioni di questo tipo e anzi non è detto che tutti i nomi usciti sui giornali sapessero esattamente come venivano investiti (e moltiplicati) i loro denari. Però la questione, al netto dei moralismi, è in qualche modo rivelatrice di un certo approccio alla ricchezza del mondo occidentale (ma ne esiste ancora uno “orientale” ?) e della tendenza – umana, atavica, comprensibile – ad avere sempre di più e non accontentarsi di vivere semplicemente in modo dignitoso. C’è una vecchia canzone degli U2 che s’intitola “Van Diemen’s Land” il cui testo recita “verrà un giorno, in questa nuova era, in cui un uomo onesto vedrà una paga onesta”. Però non l’aveva scritta Bono, ma il suo chitarrista.

di Valerio Di Marco

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