Il tramonto dell’era del carbone

Ci sono tematiche fugaci che catturano l’attenzione e fanno notizia giusto per il tempo di un batter di ciglia, in proporzione alle vicende umane. Ce ne sono altre che sanno di storia. Basti pensare alle migrazioni umane. Poi ci sono quelle tematiche che per importanza vanno anche oltre la storia. Di quest’ultima categoria fa parte il cambiamento climatico il cui impatto non si limita agli uomini. In effetti, le problematiche ecologiche stanno lentamente occupando spazio non solo sui giornali ma anche nelle agende dei governi.

Una buona notizia a riguardo arriva proprio dal posto più inatteso, ovvero l’America di Trump, che si è fatto paladino dell’industria del carbone. Il piano di Trump è quello si sostenere le centrale elettriche a carbone e quelle nucleari attraverso sussidi governativi. Il progetto sarebbe costato 10,6 miliardi di dollari all’anno ai contribuenti americani. Sarebbe perché la Federal Energy Regulatory Commission (Ferc) ha bocciato rigettandolo la proposta dell’amministrazione Trump. La decisione arriva ancora più inaspettatamente per il fatto che l’agenzia è controllata da una maggioranza di repubblicani.

L’utilizzo del carbone è il metodo maggiormente inquinante per produrre energia. É molto più inquinante di altri combustibili fossili. Sembra essersene accorta anche il più grande inquinatore al mondo, la Cina. Dopo l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, il gigante asiatico sembra aver invertito i ruoli. Xi Jinping sembra voler avviare una svolta “green”, al punto che ora la Cina si trova a spalleggiare la UE sulla difesa degli accordi di Parigi. Il governo cinese ha promesso di voler rinunciare gradualmente al carbone puntando a ricavare il 20% del proprio fabbisogno energetico dalle rinnovabili entro il 2030.

Anche in Germania le scelte energetiche sono al centro del dibattito politico. La Cancelliera Merkel, impegnata nelle complicate trattative per la formazione di un nuovo governo, nei giorni scorsi si è dovuta difendere dalle critiche. I partiti che partecipano alle discussioni sulla nuova coalizione di governo hanno dichiarato non raggiungibile l’obiettivo di ridurre le emissioni di diossido di carbonio (o anidride carbonica) del 40% entro il 2020 rispetto al livello del 1990. I negoziatori hanno però confermato la volontà di non abbandonare l’obiettivo di un taglio del 55 % delle emissioni per il 2030.
Per una volta noi italiani possiamo dirci più virtuosi dei tedeschi, visto che il carbone ad oggi copre solo il 15% di fabbisogno energetico. Anzi, l’Italia si è già impegnata a fare a meno del carbone nella produzione di energia entro il 2025.

Nonostante gli attriti e le resistenze sembra ormai che la consapevolezza del problema stia arrivando anche nelle stanze del potere. La consapevolezza di avere il dovere di rinunciare a ciò che in Europa produce il 75% di emissioni di carbonio nel settore dell’energia ma fornisce solo il 25% dell’elettricità. Uno squilibrio tale che, se visto anche alla luce del fatto che l’occupazione nell’industria del carbone è ovunque in Europa livelli molto bassi, ci dimostra come il carbone danneggi molti avvantaggiando pochissimi.

di Pierfrancesco Zinilli

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