In carcere chi aiuta la famiglia Regeni

Sarà sciopero della fame a staffetta. Ma non come quello, ridicolo, a favore dello Ius soli: stavolta è sul serio. I genitori di Giulio Regeni, infatti, hanno deciso di protestare contro l’ondata di arresti al Cairo dei consulenti che cercano di far luce sulla vicenda della tortura e uccisione di loro figlio. “Cominceremo noi, poi nei prossimi giorni la protesta sarà proseguita dai volontari di ‘Giulio siamo noi'”, ha detto la madre del giovane ricercatore trovato morto il 3 febbraio del 2016 in Egitto. L’ultimo arresto è stato quello, il 17 maggio, di Haitham Mohammedine, avvocato della Commissione per i diritti e le libertà (Ecf), l’organizzazione non governativa che assiste la famiglia nell’inchiesta. Ma la sequela di incarceramenti è iniziata il 10, quando la National Security ha fatto irruzione in casa del direttore esecutivo dell’Ecf Mohamed Lofty, arrestandolo insieme alla moglie Amal e al figlioletto di tre anni. Lofty è stato rilasciato dopo poche ore solo grazie al suo passaporto svizzero, la moglie invece è ancora in carcere e rischia la pena di morte. Anche un altro consulente della famiglia, Ahmad Abdallah, rischia di essere nuovamente arrestato e messo a tacere. “I nostri rappresentanti e consulenti legali e le loro famiglie temono per la loro sicurezza, e noi con loro” ha affermato Paola Regeni. Addirittura, i genitori di Giulio hanno detto di essere pronti a rinunciare al video delle telecamere di sorveglianza della metropolitana del Cairo del 25 gennaio 2016 in cambio della liberazione della moglie di Lofty. L’importante dato forense è previsto che sia finalmente consegnato dalla magistratura egiziana alla Procura di Roma. Se aiuterà a capire chi ha rapito Giulio non si sa, di certo dopo due anni nelle mani degli egiziani non aspettiamoci un filmato in HD…

di Valerio Di Marco