L’Irlanda dice Sì alla legge sull’aborto, ma rimane insoluto il problema dell’obiezione di coscienza

Gli irlandesi hanno votato in un referendum abrogativo e la maggioranza ha chiesto una legge che regolamenti l’aborto in maniera diversa da come è stato fatto finora. Ha vinto il Sì con il 67% dei voti e quindi la possibilità per una donna, ma anche per una coppia, di decidere. Per altri però ha vinto la morte e perso la vita. E infuria la polemica.

E’ bene sottolineare che in Irlanda era permesso abortire, ma solo in alcuni, rarissimi casi: chiunque non rientrasse nei parametri rischiava fino a 14 anni di carcere. Un emendamento costituzionale del 1983 metteva sullo stesso piano il diritto alla vita del nascituro e quello della madre. Non era prevista nessuna eccezione, né in caso di stupro, di incesto o malformazioni importanti del feto. Questo status ha fatto in modo che quasi 170 mila donne siano state costrette a emigrare altrove per mettere fine a una gravidanza indesiderata.

Viviamo ai tempi del #Metoo, siamo all’epoca dei femminicidi quotidiani e probabilmente tutto questo ha reso la causa molto più sensibile: centinaia di cittadini, soprattutto donne, irlandesi sono tornati in patria, da tutto il mondo, per esprimere la loro opinione su questo referendum, la maggior parte contraddistinti dall’hashtag #HometoVote. In una Paese ultracattolico, quale l’Irlanda, è chiaro che è stato decisivo il voto dei più giovani, la dimostrazione che il vento sta cambiando.

Ora che il referendum si è concluso, si attende di confermarne ufficialmente il risultato e solo a quel punto l’emendamento abrogato sarà sostituito prima da una clausola temporale e poi dalla riforma definitiva. Stando alla bozza di legge pubblicata lo scorso marzo si andrà a introdurre una legislatura simile a quella degli altri Paesi europei: l’IVG, l’interruzione volontaria di gravidanza, è permessa, senza restrizioni, fino alla dodicesima settimana. Tra la dodicesima e la ventiquattresima è ancora possibile ma solo in caso di malformazioni fetali o gravi rischi di salute. Dal sesto mese in poi è autorizzata solo in casi eccezionali. John McGuirk, portavoce del movimento “Save the 8th”, quindi a oggi tra gli sconfitti, sostiene che “presto in questo Paese verrà approvata una legge che permetterà di uccidere i bambini”.

La bozza irlandese, così come la legge italiana, prevede la possibilità del medico di obiettare: ma allo stesso tempo la sua coscienza (e la legge) lo mettono nella condizione di affidare la paziente a un collega non obiettore. Nel nostro Paese l’aborto è riconosciuto e permesso dal 22 maggio 1978, con la nota legge n. 194. Tuttavia, dentro i nostri confini, si registra un’elevata percentuale di medici obiettori di coscienza, tanto da paralizzare intere province. Tutti così religiosi i nostri dottori o sono poco redditizie le IVG? Stando a dati del 2012 in Italia il 69,6% dei ginecologi, con vette che al Sud raggiungono il 90%, si rifiutano di praticare l’aborto: una situazione questa che ci portò a essere ripresi, una buona volta con ragione, dall’Europa con particolare riguardo alla regione Marche.

La linea è molto sottile e non si può obbligare un medico a fare ciò che non vuole, ma il nostro SSN prevede che all’interno delle aziende ospedaliere ci sia un’equa ripartizione tra obiettori e non. Dov’è dunque lo Stato quando a una donna viene negata la libertà di decidere del proprio corpo e della propria vita?

di Irene Tinero

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