Il gigante egoista: Trump e i bambini in gabbia

“Tutti i pomeriggi, quando uscivano dalla scuola, i bambini avevano l’abitudine di andare a giocare nel giardino del Gigante. Era un giardino spazioso e bello, con morbida erba verde…. – Come siamo felici qui! – gridavano l’un l’altro. Un giorno il Gigante fece ritorno. Era stato lontano per sette anni. Quando decise di rientrare al proprio castello vide i bambini che giocavano nel giardino. – Che cosa state facendo qui? – urlò con voce molto altera e i bambini fuggirono.– Il giardino mio è il giardino mio, – disse il Gigante; – chiunque può capirlo, e io non permetterò che nessuno ci giochi al di fuori di me –. Così vi costruì intorno un alto muro ed espose un cartello: I TRASGRESSORI SARANNO PERSEGUITI PER LEGGE.

 Era un Gigante molto egoista.”

Comincia così la fiaba The Selfish Giant, il”Gigante egoista” di Oscar Wilde, che parla di un uomo ingombrante, potente e ricco, di un muro da non valicare e di bambini incolpevoli.

Se il protagonista della fiaba fosse Donald Trump, che somiglia a un gigante per mole, ricchezza, potere e arroganza; se il muro di recinzione del castello del gigante fosse la barriera che Trump ha promesso di completare al confine tra Messico e Stati Uniti d’America, i bambini potrebbero essere i figli degli immigrati irregolari fermati sul confine, i bambini innocenti nelle favole come nella vita vera.

In forza non di una legge, ma di una sentenza del 1997 secondo cui le autorità federali sono tenute a non trattenere in prigione i bambini senza documenti, dall’inizio di maggio di quest’anno l’amministrazione Trump sta togliendo i figli ai migranti che cercano di passare il confine con gli Stati Uniti.

Riscrivendo oggi la favola del Gigante egoista potremmo quindi raccontare come Trump -con una cinica operazione di chirurgia sentimentale- abbia separato più di duemila bambini dai genitori e li abbia costretti dentro “rifugi” che somigliano più a centri di detenzione che a giardini d’infanzia. “Fuori dal mio giardino!  I trasgressori saranno puniti per legge”.

Prima che entrasse in vigore la “tolleranza zero” voluta da Trump e dai suoi elettori, le persone catturate ai confini degli Stati Uniti che cercavano di entrare illegalmente finivano davanti a un giudice addetto ai casi di immigrazione, da lì espulse o rilasciate in attesa di giudizio definitivo. Da maggio di quest’anno invece i migranti catturati al confine non passano più da un tribunale speciale: in attesa di essere giudicati da un tribunale federale finiscono in carcere, dove per legge non possono essere detenuti insieme ai loro figli. E’ per questo che più di 2000 bambini sono stati tolti alle loro famiglie.  I giornali americani hanno raccontato storie di padri e madri separati a forza dai propri figli, hanno mostrato bambini disperati, in lacrime, dietro le grate di gabbie di metallo. Il mondo intero li ha sentiti piangere.

“La lacrima di un bambino, scriveva Gianni Rodari, pesa più di tutta la Terra”

La separazione dei bambini dalle famiglie è uno dei risultati, per ora il più clamoroso, dell’amministrazione Trump. Il tycoon riesce a militarizzare la retorica, a trasformare in un’arma la paura dello straniero in una nazione, gli Usa, che è fatta di migranti, ma che adesso i migranti non li vuole più. Nella società statunitense, la società multiculturale più avanzata, gli immigrati sono troppi. Nel giro di una dozzina d’anni potrebbero diventare più numerosi dei cittadini di razza bianca.  Sul pianto dei bambini isolati, che invocano un papà o una mamma che difficilmente verranno a riprenderli perché sono già stati deportati oltre la frontiera, Trump gioca la sua eterna campagna elettorale. Aveva promesso un muro di confine che i messicani avrebbero dovuto pagare e che non è neppure in costruzione. Nell’attesa ha costruito un muro del pianto, trattenendo sul confine quei bambini che potrebbero (scrive Trump) crescere per diventare criminali, assassini, membri di gang, stupratori, come se la criminalità fosse una declinazione della nazionalità.

Questa politica della “tolleranza zero”, che secondo Donald Trump e il suo partito dovrebbe scoraggiare l’immigrazione clandestina negli Stati Uniti, al centro di critiche e reazioni preoccupate di giornalisti, commentatori, persone comuni, politici e personaggi famosi, ha creato imbarazzo e sollevato critiche anche all’interno dello stesso Partito Repubblicano.

Tra ritrattazioni e retromarce Trump si è rassegnato a firmare un ordine esecutivo per mettere fine alla divisione delle famiglie di immigrati irregolari al confine con il Messico, ma sono rimasti soli i duemila bambini già tolti ai genitori negli ultimi due mesi. Non nel cuore delle grandi città, ma lontano dagli occhi, sui confini silenziosi, sui margini geografici invisibili e lontani, ciò che è inaccettabile diventa normale: gli indifesi, gli sconfitti, i fragili, i senza nome, patiscono i “frutti marci della democrazia”, la separazione e l’isolamento.

di Daniela Baroncini

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