Omicidio Fiumicino: colpevole il personal trainer, mostro della porta accanto

Ci sono fatti di cronaca che ti colpiscono più di altri. Non perché più gravi o importanti (la morte violenta di un essere umano è sempre qualcosa di inaccettabile), ma perché ti riguardano da vicino; tutto ad un tratto la notizia ascoltata alla radio, letta sul giornale o vista in tv diventa reale, assume un peso completamente diverso quando scopri che la vittima aveva la tua età, e il suo carnefice lo conoscevi bene.

Improvvisamente parole come “femminicidio”, “vittima”, assumono un significato completamente diverso; assumono quel significato che il cervello, in una sorta di meccanismo di autoprotezione, si era sempre rifiutato di comprendere fino in fondo, immagini rarefatte di cui riesci ad intuire i contorni ma non a vedere chiaramente. Maria Tanina Momilia aveva 39 anni; lascia un marito e due figli, uccisa, per uno stano scherzo del destino, da colui che invece avrebbe dovuto insegnarle a difendersi, il maestro di karate dei suoi figli, il suo insegnante di difesa personale. Maria e Andrea (questo il nome dell’assassino reo confesso) sembra avessero una relazione, finita poi nel peggiore dei modi, col cadavere di lei sul letto di un canale a Fiumicino, nelle vicinanze di Isola Sacra (li è stato ritrovato lunedì 8 mattina); proprio nella fine di questa relazione sarebbero da ricercare le motivazioni di un simile gesto. A quanto sembra la donna non avrebbe accettato di buon grado la decisione di lui di troncare questo rapporto clandestino, minacciandolo di renderla pubblica; da qui ne sarebbe scaturita una violenta lite, sfociata poi nella tragedia.

Colpita alla testa, poi soffocata, infine gettata nel canale; l’opera di un “mostro”, ma della porta accanto. Perché notizie del genere ce le aspetteremmo in contesti disagiati, ad opera di persone con gravi disturbi psichici, in situazioni al limite. La nostra mente si rifiuta di accettare l’idea che chiunque possa celare dentro di se il seme della follia. Anche la parola “mostro” assume tutto un altro significato, se il mostro è una persona che ha avuto le tue stesse passioni, i tuoi stessi interessi, con cui hai condiviso un pezzetto di strada della tua vita, che è a fianco a te in tante foto postate sul tuo profilo Facebook.  Ex poliziotto, una figlia, una vita normale. Non si può fare a meno di domandarsi cosa sia stato in grado di trasformare l’uomo gentile e affettuoso in un freddo assassino, capace di reggere un peso simile per quattro giorni, prima di crollare (forse per un freddo calcolo di convenienza) in una spietata e lucida confessione. Le indagini, d’altra parte, immediatamente si erano indirizzate a lui, e quel giovedì 11 ottobre il fermo era già stato disposto.

Maria Tanina Momilia domenica mattina si era recata in palestra per una lezione privata, e non ha più fatto rientro a casa. Le indagini sono ancora in corso, si sospetta possa esserci stato un complice; la stessa compagna di Andrea, sembra, nei giorni precedenti all’omicidio aveva avuto un violento litigio con la vittima. Quando sei in grado di dare un nome e un cognome al mostro, quando sei in grado di attribuirgli un viso, un carattere, tutto improvvisamente diventa più reale; in questo momento cosi difficile e drammatico il mio pensiero va alla figlia di Andrea e ai figli di Maria, anch’essi vittime della stessa furia omicida che ha trasformato l’uomo nel  mostro, il mostro della porta accanto.

di Leandra Gallinella

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