Giornalista russa si dà fuoco davanti alla sede della polizia: “Date la colpa alla Russia”.

Irina Slavina era direttrice della testata Koza.Press. Il 2 ottobre scorso, si è presentata davanti alla sede della polizia di Nizhny Novgorod, città della Russia, e si è tolta la vita dandosi fuoco. È morta così, a causa delle gravi ustioni riportate.

Il giorno prima, Irina Slavina aveva comunicato che le forze di sicurezza locali avevano perquisito la sua casa in cerca di prove di suoi legami con Open Russia, la fondazione creata dall’oligarca Mikhail Khodorkovsky, ex magnate petrolifero trasferitosi a Londra, dopo aver scontato una condanna a nove anni che gli oppositori di Putin considerarono pilotata, come riportano diversi media russi tra cui The Insider. La polizia ha confiscato i computer e i cellulari di tutta la famiglia.

“Stavano cercando brochure, volantini, ricevute di Open Russia, magari un’icona con la faccia di Khodorkovsky”, aveva scritto Slavina, “non ho nulla di tutto questo, ma hanno portato via tutto quello che hanno trovato: tutte le memorie esterne, il mio computer portatile, quello di mia figlia, telefoni – non solo il mio ma anche quello di mio marito – e un mucchio di blocchi notes che avevo utilizzato durante le conferenze stampa. Sono rimasta senza mezzi di comunicazione.

Si sostiene che Open Russia finanzi le proteste a Nizhny Novgorod contro lo sviluppo predatorio e peggiorativo di una delle aree verdi più iconiche della città, il parco Svizzero – aveva poi continuato – e che finanzi queste proteste di massa, mentre la gente va del tutto volontariamente e ogni martedì si trova in una catena umana vicino al parco. Come giornalista, non posso ignorare questi eventi e ne ho scritto. Inoltre, io stessa ho partecipato due volte alla catena, perché quello che sta succedendo non può che riguardare anche me come residente di Nizhny Novgorod e come cittadina”.

Irina, dopo tante battaglie, lo stesso giorno prima di uccidersi, ha lanciato il suo ultimo appello su Facebook: “Per piacere, date la colpa della mia morte alla Federazione Russa“.

E su questo ennesimo gravissimo episodio non dobbiamo restare indifferenti perché non possiamo continuare a considerare la Russia un paese normale. Non possiamo far finta di niente perche ormai non si tratta più di minacce ai cronisti, di intimidazioni o di botte, episodi ovviamente esecrabili a ogni latitudine, ma, il più delle volte, di veri e propri omicidi o di azioni talmente gravi da indurre al suicidio chiunque non si sia ancora rassegnato alla violenta prepotenza dello zar del Cremlino.

Irina Slavina è solo l’ultimo caso in ordine cronologico: molti l’hanno preceduta, altri la seguiranno, almeno fino a quando la comunità internazionale non deciderà di intervenire, sanzionando la Russia non solo per ciò che ha commesso in Ucraina ma, più che mai, per l’allergia del suo governo alla democrazia.

di Stefania Lastoria