Scende in campo la St. Ambroues, tra sogni e integrazione

La loro avventura è iniziata con una sconfitta, ma i ragazzi del St Ambroues possono festeggiare lo stesso. La prima squadra milanese composta interamente da profughi e richiedenti asilo ha fatto il suo esordio ufficiale nel campionato di Terza Categoria lombardo. Al campo della Milanese Corvetto lo Schuster si è imposto per 3-2, con tanto di autorete in pieno recupero. Gli spalti pieni, tifo incessante, con tanto di striscione “Siamo l’incubo di Salvini”.
Praticamente tutti i calciatori della St Ambroues, nome che rimanda al patrono di Milano ovviamente, vengono all’Africa e sono richiedenti asilo. Arrivano da Gambia, Nigeria, Senegal, Somalia. Hanno attraversato il deserto, vissuto la prigione libica, affrontato il Mediterraneo. La società nasce dalla fusione di altre due squadre dei tornei minori, i Blach Panthers degli immigrati della Montello e i Corelli Boys del centro di accoglienza milanese. “Era quello che volevamo perché il nostro è un progetto sportivo ma anche politico – spiega Gianmarco Duina, dirigente e socia fondatore – Finora abbiamo giocato in tornei organizzati dal terzo settore. Ora andremo in campi in cui non ci saranno amici, su Facebook abbiamo ricevuto pesanti minacce. Ma era quello che volevamo, esporci per creare una nuova coscienza sul tema dell’immigrazione”.
Luis è l’allenatore, peruviano, un passato nella Serie B del suo paese. “Gli avversari hanno grande esperienza – spiega al Corriere della Sera – e noi siamo tutti ragazzi. Siamo più forti fisicamente ma dobbiamo ancora lavorare sulla loro testa”. Come lavoro fa il badante per anziani a Novate, quando ha tempo va a studiarsi gli avversari. Non solo tattica e corsa però: “Al primo allenamento li ho riuniti e ho detto che giocano anche per quei ragazzi che non ce l’hanno fatta ad arrivare qui in Italia. E che sognano di essere qui con noi”.
E il campo di calcio è il terreno più fertile per i sogni. Ahmed, egiziano, lavora come muratore tutto il giorno, quando si cambia indossa la maglia numero 9 anche se non è centravanti. Lo chiamano Kahraba, elettricità, per il modo in cui corre. Poi c’è Kalilou, 24 anni, centrocampista e presidente della squadra. “Amo Ronaldinho, mi ispiro a Iniesta ma nella vita faccio il falegname. In Libia ho imparato a lavorare il legno, ma per costruire le case. Qui cercano mobilieri ed è più difficile”. Atomi di storie, sparse per Milano. Chi percorre la città come rider, chi fa il lavapiatti, chi pulisce i bagni al mattino. Tutti poi, la sera, tornano ai Cas, centri di accoglienza straordinaria. Ma il martedì e il giovedì, dalle 18.30 alle 20, e per una partita nel fine settimana, non esiste nient’altro. C’è la St Ambroues, c’è il calcio, ci sono i sogni. Anche se durano solo 90 minuti. Anche se poi alla fine si perde. “I risultati e la cronaca sportiva per noi vengono dopo, la più grande vittoria è esserci”.

di Lamberto Rinaldi

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