Midterm in USA. Un Paese diviso tra gli sfidanti

Alle elezioni di medio termine i democrati hanno ripreso il controllo della Camera dei rappresentanti ma non hanno ottenuto la maggioranza al Senato. L’attesa “onda blu”, il colore del partito dell’asinello, non si è abbattuta nelle urne. La vera novità di queste elezioni è stata, invece, una discreta “onda rosa”.
Il risultato è comunque significativo. I repubblicani non detengono più la maggioranza in entrambe le camere del Congresso degli Stati Uniti e gli oppositori politici di Donald Trump hanno ora la possibilità di contrastare in modo efficace la sua presidenza.
Nella nuova situazione i democratici possono porre il veto alle leggi proposte dal presidente Trump e avviare, grazie al controllo di commissioni chiave, una serie d’indagini sul presidente e sulla sua amministrazione: dalle sue dichiarazioni dei redditi ai legami con la Russia di Putin.
La conquista della camera, nei fatti e nonostante i proclami di vittoria di Trump, indebolirà la pretesa presidenziale di nuovi finanziamenti per la costruzione del muro o di nuovi tagli alle tasse.
Nonostante la modifica degli equilibri parlamentari, però, la conferma, anzi il rafforzamento, dei repubblicani al senato, evidenzia che, dopo due anni di governo, molti degli elettori di Trump continuano a sostenerlo, anche se è vero che solo un terzo dei seggi senatoriali è andato al voto e che la distribuzione territoriale favoriva oggettivamente i repubblicani.
La mappa elettorale rivela un paese diviso e sempre più polarizzato. Il partito repubblicano è, ormai, completamente dominato dai “nazionalisti bianchi” sotto il controllo di Donald Trump. Non è più il partito conservatore dei Bush o dei Mc Cain ma un movimento radicale con un’agenda anti-immigrati, razzista e dallo stile autoritario. Oggi, il 90 per cento dei repubblicani al Congresso sono maschi bianchi.
Il partito democratico uscito dalle elezioni, al contrario, è multiculturale, femminista (84 delle 100 donne elette alla nuova Camera dei Rappresentanti sono esponenti del partito democratico) e persino socialista. Solo un terzo dei democratici del nuovo congresso saranno uomini bianchi e quasi la metà dei democratici alla Camera dei rappresentanti può essere classificata come socialista democratico.
E’ innegabile, però, che il partito democratico abbia un grave problema, anche in vista delle prossime presidenziali, con l’elettorato bianco e operaio.
Per raggiungere la presidenza il partito dovrà, certo, continuare a rivolgersi ai chicanos, agli ispanici, ai neri, agli asiatico-americani, alle donne e alle persone LGBTQ ma questo non basterà.
Da qui al 2020 le divisioni interne al popolo americano continueranno perché i principali partiti non sanno affrontare la vera causa della rabbia e del disagio degli elettori: il lavoro.
Trump, individuando nella delocalizzazione e nel libero commercio la causa di tutti i mali, urla risposte sbagliate ma il suo linguaggio populista sembra, in qualche modo, lenire la frustrazione dei blue collar.
I democratici invece sono afoni perché non sanno come affrontare la vera causa della perdita dei posti di lavoro: l’automazione.
Anche l’Europa affronta lo stesso problema. C’è la distruzione dei posti di lavoro, e il sostegno delle aree post industriali, sotto la vittoria del “leave” al referendum per la Brexit. Sempre la precarietà del lavoro è ciò che ha permesso a Marine Le Pen, la candidata neofascista nelle ultime elezioni presidenziali francesi, di ottenere un terzo dei voti. Per non parlare dell’Italia.
Negli Stati Uniti il processo è già in uno stadio più avanzato. Negli ultimi 25 anni sono andati persi otto milioni di posti di lavoro. Di questi, solo due milioni sono andati in Messico o Cina. Il resto è stato semplicemente sostituito dall’automazione.
Prima è toccato alla Rust Belt, perché la produzione industriale in serie è facilmente automatizzabile. Poi al commercio al dettaglio soppiantato da giganti come Amazon. Poi ai servizi bancari, con la chiusura delle filiali. Già oggi sono condannati 4,5 milioni di posti di lavoro dalla prossima entrata sul mercato dei veicoli a guida autonoma.
Per i democratici la riconquista della fiducia popolare non può che partire dal riconoscimento del problema e dalla proposta di soluzioni.
È per questa via che si può tentare una ricomposizione sociale che punti su un programma di equità, giustizia sociale e sul rispetto delle minoranze. Occorre costruire un movimento progressista che sappia superare la frammentazione e offrire agli americani come popolo, e non alle singole rappresentanze sociali, un nuovo inizio.

di Enrico Ceci