Non ci sono più le stagioni di una volta.

Alla conferenza sul clima di Parigi del dicembre 2015, 195 Paesi hanno concordato il primo piano d’azione universale per contrastare il cambiamento climatico limitando il riscaldamento globale “ben al di sotto dei 2°C.
Oggi i dati sul riscaldamento globale sono catastrofici. Per gli esperti del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) attenuare i peggiori effetti del global warming è ancora possibile. Ma per farlo servono “cambiamenti rapidi, di vasta portata e senza precedenti in tutti gli aspetti della società”. Stiamo già vedendo le conseguenze dell’aumento globale della temperatura di 1°C: le condizioni meteorologiche sono più estreme, il livello del mare si è alzato, il ghiaccio marino artico cala.
Se entro il 2050 le energie rinnovabili non forniranno il 75-80% dell’elettricità, i nostri nipoti non vedranno Venezia, non scieranno a Cervinia (o in qualsiasi altra pista da sci alpina), non berranno il Sassicaia di Bolgheri (vino e caffè sono i prodotti più a rischio in vaso di riscaldamento globale) e non erediteranno le case di famiglia se saranno devastate dalle inondazioni. Le politiche legate al cambiamento climatico sono ormai improcrastinabili, ma in Italia non se ne parla. Abbiamo un urgente bisogno di sogni più verdi e di aria nuova, di boschi e foreste che ripuliscano i cieli sopra le nostre teste. Non è un concetto difficile, lo capirebbe anche un bambino. Aveva 9 anni Gelix Finkbeiner quando si mise in testa di piantare milioni di alberi in tutti i Paesi della terra. Nel 2011, in occasione dell’anno internazionale dele foreste, fu invitato a parlare alle Nazioni Unite. Aveva tredici anni e questo è quello che, ancora bambino, riuscì a dire:

“Vorrei parlare di foreste, di scimmie e di zanzare. Per noi bambini le foreste non rappresentano soltanto la base della vita di miliardi di esseri viventi. Per noi ragazzi le foreste sono il nostro futuro. Quando pensiamo al futuro ci soffermiamo a riflettere su due crisi principali: la povertà, che ogni giorno provoca la morte di 30mila bambini per insufficienza alimentare (in un mondo incredibilmente ricco!) e la crisi climatica: una ricca minoranza sta estenuando la grande parte del mondo e coloro che già stanno soffrendo soffriranno ancora di più. Noi bambini sappiamo che gli adulti sono assolutamente consapevoli di queste crisi, ma non riusciamo a capire perché ci sono così pochi interventi in merito. Noi bambini sappiamo che gli adulti sono perfettamente coscienti delle sfide che si devono affrontare e che sanno anche come affrontarle, ma non capiamo perché venga fatto così poco. Noi bambini ci siamo spesso chiesti perché ci sono così pochi provvedimenti e alla fine abbiamo individuato tre possibili motivi. Il primo potrebbe essere la percezione del futuro. Per molti adulti il futuro sembra voler dire 20, 30 o anche 40 anni, ma per noi ragazzi il 2100 è ancora all’interno del nostro orizzonte di vita. Per molti adulti, o forse anche più di molti, molte domande sembrano solo quesiti accademici: entro la fine del secolo il livello del mare salirà di uno, due, te centimetri…o di sette metri? Ma per noi giovani è una questione di sopravvivenza!
Un altro motivo per cui gli adulti stanno prendendo pochi provvedimenti potrebbe essere che molti adulti sembrano rinnegare la crisi, sono scettici, sostengono che non c’è nessuna crisi climatica. Anche noi bambini abbiano spesso discusso su questo argomento e abbiamo qualcosa da dire al riguardo. Se decidiamo di credere agli scienziati che ammettono l’esistenza della crisi e agiamo di conseguenza per scoprire, magari fra vent’anni, che avevano torto, non avremo comunque fatto niente di sbagliato, ma se dessimo retta agli scettici e non facessimo nulla, per scoprire fra 20 anni che erano invece loro a sbagliarsi, sarebbe troppo tardi per salvare il nostro futuro. Un mio amico una volta mi parlò di terzo possibile motivo, una terza spiegazione al comportamento degli adulti: se permetti a una scimmia di scegliere tra una banana adesso o 6 banane dopo, la scimmia sceglierà sempre una banana adesso. Considerato ciò, noi bambini abbiamo capito che per salvare il nostro futuro non possiamo fare affidamento solo sugli adulti, dobbiamo prendere il nostro futuro nelle nostre stesse mani. Ci siamo chiesti cosa faremmo se fossimo noi i capi del governo e abbiamo elaborato un piano d’azione in tre punti: per prima cosa ridurre le emissioni di CO2, fino ad azzerarle entro il 2050 (ed è fantastico sapere che tutta la tecnologia di cui abbiamo bisogno per raggiungere questo obiettivo già esiste). Il secondo punto è eliminare la povertà attraverso la “giustizia climatica”. Dobbiamo accettre che se non vogliamo superare il limite di 2 °C, possiamo permetterci un consumo molto limitato di CO2 che non deve superare i 600 miliardi di tonnellate (che ripartiti nei prossimi 40 anni ed equamente distribuiti alla popolazione mondiale che si stima raggiungerà i 10 miliardi di persone, equivalgono a mezza tonnellata per persona l’anno). Perció chi vuole usare più CO2 deve pagare tutti quelli che ne consumano di meno.
Il terzo punto riguarda gli alberi e le foreste. E’ nostro dovere proteggere le foreste esistenti, arrestare la scomparsa della foresta pluviale e piantare alberi: anziani e giovani, ricchi e poveri, tutti insieme possiamo piantare un trilione di alberi. Pensiamo che ci si possa riuscire in 10 anni. In 10 anni gli americani sono riusciti ad andare sulla luna. Un trilione di alberi equivale a soli 150 alberi a testa, possiamo farcela. Noi giovani rappresentiamo la maggioranza in questo mondo e non dimentichiamo mai che una zanzara da sola è impotente contro un rinoceronte, ma mille zanzare possono costringere un rinoceronte a cambiare direzione.”

di Daniela Baroncini

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