Popoli e banche
Nell’Opera da Tre Soldi, del 1928, il drammaturgo tedesco Bertolt Brecht scrisse una lapidaria, cruciale battuta: “Che cos’è una rapina in banca di fronte alla fondazione di una banca?”. A distanza di quasi un secolo, questa frase svela una verità che forse neanche il suo autore poteva immaginare quanto fosse profonda. Abbiamo assistito, infatti, proprio in questo primo scorcio del nuovo secolo, a banche che rapinavano letteralmente, banditescamente i loro clienti. Lo hanno fatto non con la pistola o il mitra in pugno ma rifilando loro le peggiori porcherie tossico-finanziarie, mandandoli rapidamente in rovina. In verità la rapina assumeva la forma di un’auto rapina. Era il cliente – talmente attratto dal ricavo fatto baluginare dall’infido funzionario di cui lui invece ciecamente si fidava – a infilare alacremente egli stesso il malloppo nel sacco del rapinatore. Era come se l’allibratore che gli aveva dato buoni cavalli tutta la vita, ora gli rifilasse il peggior ronzino di ogni ippodromo del mondo, dicendogli di scommetterci sopra tutto quello che aveva.
In fondo erano entrambi due incalliti scommettitori: l’allibratore-rapinatore bancario stava scommettendo che l’altro gli avrebbe consegnato quel grosso malloppo da puntare su un brocco tossico; il giocatore-cliente che quel fantino avrebbe centuplicato al galoppo il valore dei pezzi di carta appena sottoscritti. Sì, perché alla base del meccanismo bancario di deposito, prestito, sottoscrizione azionaria, interesse, debito c’è sempre quell’impulso umano ancestrale che si chiama scommessa. Scommessa che i soldi – prestati o ricevuti – frutteranno. Frutteranno interesse, benessere, ricchezza, potere. Scommessa contro la miseria, il dolore, speranza di potere contro la morte – sofferta già in vita. Si scommette innanzitutto sempre contro. Contro la voragine del Nulla, protesa dietro e davanti le nostre vite. Questa scommessa contro, da sola fonda, pone la possibilità – fosse anche effimera, illusoria – di un orizzonte di piacere, forza, pienezza, ossia l’opposto del vuoto senza fine e senza speranza. Per questo gli antichi greci – all’origine della civiltà occidentale – scommettono contro la disperazione senza scopo e riscatto della condizione umana, fondando, costituendo così l’Olimpo, il paradiso, il divino.
Uno dei massimi studiosi mondiali della povertà, Giuseppe Imbucci, scomparso nel 2005, ha dimostrato nelle sue numerose opere quanto proprio questa fosse la molla antropologica che faceva proliferare il gioco – non solo del lotto, totocalcio, totip, riffa, ecc., ma anche d’azzardo – proprio tra le masse più diseredate, come quelle del meridione italiano nel dopoguerra. E quanto più aumentasse la miseria, tanto più aumentava il ricorso al gioco, alle scommesse.
D’altronde è proprio su una scommessa, una scommessa ontologica che Pascal – una delle maggiori menti filosofiche e scientifiche della storia umana – pone alla metà del 1600 la questione dell’esistenza di Dio. Ci troviamo di fronte a due opposizioni esistenziali: che Dio non esista e che il nulla ci sovrasti o che Dio esista e con esso la beatitudine infinita, eterna. Scommettendo sulla non esistenza di Dio, non si vince nulla, ma si rischia di perdere tutto. Scommettendo invece su Dio, anche se si perde non si perde nulla, ma si può vincere quell’infinito orizzonte di felicità che lui è. Questa fondamentale scelta umana di scommettere contro la non esistenza, il nulla – afferma Pascal – è già in sé la prova dell’esistenza di Dio: ossia lo pone a fondamento, come Dio non dei filosofi, dei razionalisti – quali Cartesio – ma dei cristiani.
Secondo la nota rivista americana di economia e finanza Forbes, famosa anche per le sue classifiche sulla ricchezza mondiale – tra le dieci aziende più grandi del pianeta nel 2018 ci sono otto banche, una società di assicurazioni e la Apple. Questa è all’ottavo posto, l’assicurazione Ping An Group al decimo, dunque le banche occupano tutte i primi posti. La più grande in assoluto è la Industrial and Commercial Bank of China. Ha 453.048 dipendenti, un valore di mercato di 311 miliardi di dollari, un fatturato di 165,3 miliardi, profitti per 43,7 miliardi, un patrimonio di 4.211 miliardi. La seconda è un’altra cinese, la China Construction Bank. La terza è la statunitenseJPMorgan Chase, la quarta la connazionale Berkshire Hathaway. Poi – alternate – altre banche cinesi e americane. Tra le aziende italiane, Intesa San Paolo, al 61esimo posto, poi Enel, 75esimo, ed Eni, 95esimo.
Dunque l’ancestrale meccanismo della scommessa continua a dominare, avvolgere il mondo come una vera e propria religione monetaria, nonostante l’avanzare impetuoso del turbo-hight-tech. È proprio, però, l’avere in mezzo a sé tra le prime posizioni, quell’avamposto avanzato della tecnologia elettronica coma la Apple a cominciare a preoccupare l’assolutismo bancario. Le applicazioni informatiche e tutti i vari devices, aggeggi, smartphone, tablet, pc, orologi, ecc., stanno sconvolgendo l’intero scenario. Ci sono al mondo uno smartphone ogni tre persone e negli Usa uno ogni due. Apple ha lanciato una sua app di pagamento, la Apple Pay, che nel giro di 72 ore ha attivato un milione di cards attraverso gli iPhone. Il gruppo cinese Alibaba, fondato nel 1999 da Jack Ma, dall’e-commerce è passato al settore payments con Ali Pay, realizzando una raccolta che già sfiora ora i 100 miliardi di dollari. Anche in Italia un numero crescente di persone paga ormai con Pay Pal, legata a eBay. Non sono però solo i colossi mondiali dell’informatica a incrementare la loro modalità on-banking. Lo stanno già facendo da tempo i settori della vendita al dettaglio e all’ingrosso. In Inghilterra la Tesco da leader della distribuzione sta vistosamente crescendo anche nei servizi finanziari, con ricavi che sfiorano oggi il miliardo di dollari. In realtà, ormai, anche le catene di supermercati, di franchising, di carburanti offrono carte di pagamento, prepagate, di debito di ogni tipo.
La galoppante espansione elettronica non sta però solo cominciando a sconvolgere le care vecchie praterie bancarie, ma sta anche generando una nuova filosofia delle scommesse nei rodei finanziari tra i popoli. La possibilità tecnica di profilare profondamente – culturalmente, socialmente, psicologicamente, politicamente, sessualmente, ecc. – ogni singola persona e interi gruppi accedenti alla rete, consente ormai di creare mode, tendenze, stili, appartenenze, neo tribalismi linguistici, simbolici, segnici, ecc., che hanno il loro fondamento proprio nel gioco delle relazioni che sul web si possono tracciare e intrecciare. Ossia che ognuno può tentare di tracciare, inventare, annodare, rimandare, amplificare. Il gioco è potenzialmente aperto a tutti, ognuno può scommettere contro. Contro il proprio essere nulla, nessuno nel grande magma elettronico che frigge invece di possibilità astronomiche. Ognuno si fa insieme produttore&consumatore, prosumer. Ognuno è domanda&offerta economica senza più distinzione: si offre, infatti, sul mercato quale irripetibile singolarità che immediatamente crea una domanda personalizzata fino alle più intime e inconsce pulsioni individuali. L’universo del finanziariamente sfruttabile in rete, ossia riconducibile a profitto economico, si amplia galatticamente. E la modalità della scommessa come aspetto scoperto del gioco d’azzardo, da start up creativa, pervasiva, virale sarà sempre più il suo carburante spaziale. Nella gara, nella corsa, nel nuovo gioco olimpico non sarà importante vincere ma partecipare a chi riempirà non solo più velocemente ma anche più spontaneamente il sacco del rapinatore tecno-capitalista.
di Riccardo Tavani