Il marchese Giampietro Campana e il sogno italiano

In pochi conoscono il Marchese Giampietro Campana; eppure è stato uno dei più grandi collezionisti d’arte della storia.
Un aristocratico italiano, grande amante del suo Paese, al quale il Museo del Louvre, in collaborazione con l’Ermitage di San Pietroburgo, dedica una bellissima esposizione, visitabile sino al 18 febbraio a Parigi, dal titolo “Un rêve d’Italie” (Un sogno d’Italia).
Al Marchese Campana va attribuito il merito, secondo gli storici, di aver costituito la più grande collezione privata del XIX secolo (oltre 12.000 pezzi, raccolti tra il 1830 e il 1850). Per la prima volta in 160 anni, circa 500 oggetti di raro pregio e stupefacente bellezza, sono fruibili al grande pubblico. Quadri, sculture, reperti archeologici e capolavori assoluti quali “ la Battaglia di San Romano” di Paolo Uccello e “il Sarcofago degli Sposi”, di origini etrusche. Un vero e proprio viaggio nella bellezza.
Non abbastanza citato nei manuali di storia dell’arte, il Marchese Campana era animato dalla volontà di costituire un patrimonio tutto “italiano”, unitario e universalistico. Erano gli anni del Risorgimento, momento storico in cui si sviluppava l’idea di Nazione.
La sua visione “enciclopedica” traspare anche nella redazione dei “Cataloghi” (esposti al Louvre), in cui sono repertoriati in 12 categorie gli oltre 12.000 oggetti di sua appartenenza: vasi, bronzi, gioielli, monete, pitture italiane della scuola toscana (i cosiddetti “primitivi”), maioliche. Un arco temporale che va dall’antica Grecia sino all’età moderna.
Un patrimonio immenso, che oggi è stato ridistribuito (o meglio, spartito!) in moltissimi musei del mondo, soprattutto in Francia (non solo Parigi) e in Russia, dato che allo Zar Alessandro III e all’imperatore Napoleone III spettò, alla fine dell’ottocento, “il bottino” più cospicuo.

Le manie di grandezza del nostro sensibile compatriota non gli riservarono, infatti, un destino glorioso: in qualità di direttore del Monte di Pietà di Roma, non esitò, a causa di un improvviso rovesciamento delle sue sorti finanziarie, a utilizzare impropriamente la sua posizione attingendo alle casse del Monte per sanare i suoi debiti. Condannato a 20 anni di carcere (pena commutata in esilio dal Papa), si vide infliggere la più severa delle pene: il sequestro e la successiva vendita della sua amatissima collezione d’arte.
A quasi 160 anni dalla disgregazione, il Louvre rende omaggio all’eccezionalità e alla magnificenza della raccolta di uno dei maggiori filantropi del nostro tempo.
Per chi non avesse la possibilità di volare a Parigi, l’esposizione farà tappa a Roma in primavera prima di raggiungere San Pietroburgo.

di Vittoria Failla

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