Non sarai mai senza Suspiria

Luca Guadagnino riprende e rilancia Dario Argento. Lo fa attraverso il film più bello, più conosciuto e anche di maggior successo nel mondo del maestro del brivido italiano. Nel 1977 Dario Argento, dopo il successo del thriller Profondo Rosso, gira Suspiria. Il film è tratto dal romanzo del 1845 Susipria De Profundis, Sospiri dal profondo, dello scrittore inglese Thomas De Quincey. Guadagnino poteva ispirarsi anche lui a questo romanzo, ma ha voluto esplicitamente rendere invece omaggio al film di Argento, perché lo aveva immediatamente folgorato quando lo vide per la prima volta da ragazzo. Nei titoli di testa ha così scritto “Tratto dalla sceneggiatura di Dario Argento e Daria Nicolodi”, riconoscendo così anche i diritti economici, nella produzione del proprio film, a Dario e a sua moglie Daria che scrissero insieme il copione del 1977.

Questo riconoscimento non gli ha impedito di allontanarsi poi decisamente dal suo modello di partenza. Operazione più che legittima, anzi, necessaria. Guadagnino ha accresciuto la sua capacità cinematografica anche grazie a quel film. È giusto che ora tale sapienza mostri quale altro, diverso film possa venire fuori dal primo. Il film di Dario Argento era ambientato in un’accademia di danza a Friburgo. La prima cosa che fa Guadagnino è collocare la sua storia esattamente nel 1977, anno di uscita del primo film. Sposta però l’azione a Berlino. Che cosa succedeva in Germania nel 1977? La RAF, la Rote Armee Fraktion, o Banda Baader Meinhof, fa la lotta armata, rapisce il presidente della Confindustria tedesca, e compie attentati per liberare i suoi prigionieri politici. Ossia, Guadagnino introduce un primo livello di politicizzazione del film. Nel 1977 la Germania era ancora divise in due: Germania Ovest, nel campo occidentale; Germania Est, in quello orientale, sovietico. La frontiera divisiva passava proprio a Berlino, attraverso il famoso e triste Muro, abbattuto solo dodici anni dopo. Guadagnino colloca l’edificio dell’accademia di danza proprio a ridosso del Muro, con inquadrature continue ai Vopos, la Volkspolizei, le guardie della polizia di frontiera dell’Est. È questo un altro elemento di storicizzazione, politicizzazione. In quel confine critico per tutta l’Europa e il mondo bipolare di allora passa una linea del male, la cui concrezione orrorifica prende forma proprio dentro le mura e il sottosuolo dell’Accademia. Le tre Madri del Male nel romanzo originario sono la Mater Lacrimorum, la Mater Sospirorium e la Mater Tenebrorum. E se nel film di Dario Argento queste tre terribili madri sono dedite al puro piacere del male per il male, in quello di Guadagnino c’è un altro elemento del sottosuolo storico tedesco su cui si erge questo male. Lo psicanalista Joseph Klemperer,  figura di illuminista che cerca di penetrare il buio maligno dietro le pareti dell’accademia, affonda in realtà lui stesso nel male più oscuro della memoria germanica: quello del nazismo. Tale disvelamento inaspettato, improvviso, un vero colpo di scena, Guadagnino ha voluto affidarlo all’attrice Jessica Harper, ossia alla protagonista del primo Suspiria. Questo terzo elemento storico-politico nel film di Guadagnino conferisce una dimensione totalmente diversa al male delle Madri e all’intera accademia di danza rispetto a quello di Argento. Una dimensione di disseppellimento dell’inconscio collettivo maschile da parte di un collettivo femminile che serba e riscatta la dolorosa, atroce memoria sotterranea e non la smarrisce nei mutamenti di superficie della società, della civiltà. D’altronde il 1977 è stato un anno decisivo anche per lo sviluppo impetuoso del movimento femminista non solo in Germania. E questo quarto elemento storico-politico il regista non poteva né voleva trascuralo, anzi!

Mentre il vecchio Suspiria, quello di Argento resta un film prettamente horror, che riesce, però, ad andare oltre i confini del genere, quello di Guadagnino si pone immediatamente oltre quei confini. Applica al genere gli stilemi formali del cinema alto, esprimendo davvero una grande grande potenza, sapienza ed eleganza cinematografica anche nelle inquadrature, nei movimenti, nelle sequenze apparentemente più semplici. Negli ’70 del secolo scorso in Germania rifulgeva anche la grande lezione stilistica di Reiner Werner Fassbinder, tessuta anche di indimenticabili figure femminile. Guadagnino sedimenta le luci, le ombre, la grana delle sue inquadrature di tale lascito alto lascito cinematografico. A differenza del primo Suspiria, in questo secondo vediamo l’accademia danzare davvero, con scene di ballo sia individuali, sia collettive girate magistralmente e sempre ai fini di approfondire il significato simbolico, il senso narrativo della vicenda. Dakota Johnson, nella parte di Susan Bannion, deve essersi sottoposta a un duro training per arrivare ad essere così brava anche nella danza.

Tilda Swinton è però la grande mattatrice del film e attrice feticcio del regista. Interpreta ben tre ruoli da capogiro recitativo e da trucco facciale, prostetico, ossia da protesi corporale. È Madam Blanc, la maestra di danza di Susan, il dottor Klemperer, lo psicanalista in cerca di verità, e l’oscena, informe  Helena Markos del sanguinolento e splatter finale. Tre personaggi che costituiscono insieme tre progressivi sprofondamenti: nella storia, nella coscienza, nell’orrore. Il truccatore Mark Coulier, già vincitore di due Oscar, è ora candidato per il terzo, quello del 2019, proprio per questo film.

QuestoSuspiria, prodotto da Amazon, ha sbancato più i botteghini esteri, soprattutto americani, che quelli italiani, dove invece è stato quasi un flop. Anche per quello di Argento è stato così all’estero, ma fu un buon successo commerciale anche in Italia, dove il suo film più conosciuto resta però Profondo Rosso. Lo scorso anno, esattamente a quarant’anni di distanza, è uscita per pochi giorni nelle sale italiane una bella versione restaurata del film di Dario Argento. Sembra sia in arrivo anche un suo remake televisivo. Così che non resteremo mai senza Suspiria.

di Riccardo Tavani