L’indipendenza ai tempi degli smartphone

A pochi giorni dalla vicenda che ha visto protagonista una ragazzina appena dodicenne che, in gita scolastica a Venezia, si sarebbe gettata dalla finestra perché l’insegnante, proprio a causa del chiasso generato dall’uso dei telefonini, avrebbe deciso di sequestrarli a tutta la classe, anche il Papa si è sentito in dovere di intervenire sull’argomento.

La ragazzina, ricoverata in ospedale senza aver subito, fortunatamente, gravi conseguenze, è stata definita “emotivamente instabile”; ma fino a che punto la causa di un gesto simile può essere riconducibile a questo, e quanto, invece, il rapporto con la tecnologia e i cellulari in particolare sta trasformandosi in una vera e propria dipendenza? Durante l’udienza presso la Sala Nervi, in occasione dell’Anno Giubilare Aloisiano, Papa Francesco si è rivolto agli studenti del liceo Visconti ponendo l’attenzione proprio sulle pericolosità delle dipendenze, dalla dipendenza dalle droghe alla dipendenza dal chiasso, definendo quella dai telefonini “molto sottile”. “Il telefonino è un grande aiuto, grande progresso, va usato, è bello che tutti sappiano usarlo” ha commentato il Papa, che ha però anche ammonito i ragazzi: “Ma quando tu diventerai schiavo del telefonino perderai la tua libertà. Il telefonino è per comunicare, per la comunicazione, è tanto bello comunicare tra noi. Ma state attenti che quando è droga, il telefonino è droga, riduce la comunicazione a semplici contatti: la vita non è per contattarsi, è per comunicare”.

In effetti la dipendenza dagli smartphone è stata classificata come una vera e propria patologia, con un nome specifico: nomofobia ( da no-mobile phobia, il terrore di restare senza cellulare), malattia che, nelle forme più gravi, può dare luogo ai sintomi tipici di altre fobie, dalla nausea ai capogiri, dalla sudorazione eccessiva a tremori e stati ansiosi. Che smartphone e altri dispositivi “di connessione” siano ormai parte integrante della nostra quotidianità è ormai un dato di fatto; ma come riconoscere i segnali che possono indicare un potenziale rischio di dipendenza? Secondo due studiosi italiani, Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, dell’Università di Genova (autori di uno studio sui tratti caratteristici della nomofobia e tra i primi a suggerirne l’inserimento tra le nuove fobie patologiche), alcuni comportamenti rappresentano un grave campanello d’allarme: trascorrere regolarmente molto tempo sul telefono e portare sempre una ricarica con se, controllare di continuo lo schermo alla ricerca di messaggi e notifiche, evitare luoghi dove non è possibile utilizzare il telefono o connettersi e lasciarlo acceso 24 ore al giorno sono tutti atteggiamenti che indicano un potenziale rischio, e che spesso riguardano giovani e giovanissimi. Tante le storie simili a quella della dodicenne lanciatasi dalla finestra; pochi mesi fa in Francia un undicenne si è tolto la vita poiché ripreso dall’insegnante per “troppo cellulare” mentre nel 2015 una ragazza uccise in Calabria la madre per lo stesso motivo.

Un fenomeno, quindi, da non sottovalutare assolutamente, che indica una incapacità di educarsi ad un uso controllato e responsabile del cellulare, e che deve essere trattato come una dipendenza a tutti gli effetti. “Sottrarre il telefonino” sottolinea Giuseppe Lavenia, psicologo e presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche “vuol dire togliere a quella persona un pezzo della sua identità”; la disintossicazione, insomma, deve avvenire gradualmente, per contenere gli effetti di quella che può essere definita a pieno titolo una vera e propria crisi d’astinenza da tecnologie e cellulari.

di Leandra Gallinella

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