Poca favilla gran fiamma seconda

L’Europa ha votato per un suo futuro, incerto ma meno dissipato di quello perdente dei sovranisti. Anche se purtroppo questo futuro è sempre legato al profitto, motore del virus del consumo, contro cui non sembra esistere farmaco efficace.

Ci sono peraltro, in qualche modo, segnali che fanno sperare. Sono piccoli segnali, certamente, che però indicano aspirazioni diverse.

Sono piccole luci nel buio. Ma padre Dante ci ha detto: “Poca favilla gran fiamma seconda” … e noi dobbiamo mantenerle accese, quelle fiammelle !

Un primo  segnale è l’azione di Francesco, che sembra quasi deluso dalle ostilità dell’istituzione curiale (e non solo) al ritorno alla chiesa delle origini, alla chiesa dei poveri; e che sente di dovere indicare al mondo – a tutte le donne e gli uomini di buona volontà, non solo ai credenti – una speranza per un futuro più degno. Ecco le sue recenti parole, che è necessario “Promuovere la solidarietà economica, ambientale e sociale e la sostenibilità all’interno di un’economia più umana che consideri non solo la soddisfazione dei desideri immediati, ma anche il benessere delle future generazioni” …

Già, una economia “più umana”, perché quella di oggi non lo è, ti rende schiavo di desideri suscitati ossessivamente da una pubblicità martellante che non dà tregua..

Un altro segnale è quello delle modifica alla Costituzione Francese proposta da Macron (proprio lui, l’uomo che ha deluso le speranze di molti, in Francia e in Europa).

La proposta di modifica del testo, la cui prima stesura: “Diritti dell’uomo e del cittadino” risale al 26 agosto 1789, e specificatamente all’art. 1, aggiungerebbe tra i principi della Repubblica Francese, che essa“ agit pour la préservation de l’environnement et de la diversité biologique et contre les changements climatiques” .

Già, agire per le per la conservazione dell’ambiente e della diversità biologica e contro i cambiamenti climatici …

È un segnale, niente di più, ma ha in sé i principi di solidarietà che dal 1789 illuminano il mondo.

Ben diversi dai decreti sulla sicurezza del ministro dell’Interno del governo italiano, che per raccattare qualche centomila voti in più trova “necessario ed urgente” limitare i diritti per lo straniero sanciti dall’art. 10 della nostra Costituzione.

È lo stesso esponente politico che in veste di capo della Lega, in un comizio a Cremona, nel quale alcuni giovani cattolici, presenti in piazza, hanno esposto uno striscione formato sciarpa con la scritta evangelica «Ama il prossimo tuo», ha lasciato che i suoi giannizzeri strappassero dalle mani di chi la reggeva la striscia oltraggiosa commentando alla fine: “Lasciatelo stare, poverino, è solo un comunista!”

Davvero, il nostro mondo ha bisogno di respirare aria nuova. Di dare valori nuovi, diversi da quelli che ci propinano, alle cose che ci circondano. Non è giusto che nei Pil, nei bilanci produttivi degli stati, l’acquisto di un’autovettura abbia lo stesso peso, la stessa valutazione dell’invio di dieci tonnellate di grano ad una scuola infantile in Africa. No, non è giusto.

Ricordo un vecchio film “La classe operaia va in Paradiso”, del 1971, diretto da  Elio Petri. Il film ebbe successo di presentazione, con premi a Cannes e il David di Donatello, ma non piacque a nessuno nella diffusione, forse perché aveva momenti di colpevolezza per tutti.

Per il protagonista, Lulù, interpretato da Gian Maria Volontè, un operaio cottimista, che lavorava a ritmi sempre più spinti, senza momenti di felicità.

Per i suoi compagni, perché sulla base dei suoi ritmi i marcatempo pretendevano maggiori velocità per tutti.

Per i sindacati, perché il cottimo era strumento di oppressione.

Per il padronato, perché era un protagonista tra i suoi compagni di lavoro, quindi pericoloso.

Per il partito, perché simpatizzava con gli studenti sessantottini all’ingresso della fabbrica.

Per gli studenti, perché era l’esempio estremo dello sfruttamento senza ribellione.

Per la famiglia, alla quale arrivava esausto dopo il lavoro estenuante, senza avere tenerezze (che del resto nel contesto sarebbero state viste dallo spettatore come smielate).

Ecco, nella casa di Lulù c’era una stanza riservata, in cui la moglie custodiva e spesso andava a contemplare tutte le cose inutili che continuava a comprare on i guadagni esasperati dal cottimo del marito.

Ecco, a me sembrò allora, e sembra ancor oggi, che quella stanza fosse e sia l’emblema di una vita inutile, spesa nella fatica di un consumo esasperato, inutile, per possedere cose  inutili, senza momenti di felicità e neppure di un minimo di serenità.

No, non è giusto. Abbiamo bisogno, abbiamo diritto ad una vita migliore.

di Carlo Faloci

 

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