I miliardari non donano

In questi tempi di sacrifici, di quarantena, di spese aggiuntive per lo Stato, in cui si chiedono sacrifici e rinunce, sarebbe bello se, come diceva don Gallo, ogni miliardario d’Italia donasse allo Stato un miliardo per affrontare la crisi e garantire i servizi sociali essenziali senza pesare sulle spalle delle famiglie già povere.

Don Gallo citava Berlusconi, come esempio di ricchezza, un po’ come si faceva negli anni ’70 in cui si citava l’avvocato Gianni Agnelli. Nomi legati alla ricchezza, alla opulenza, ma anche alla “non generosità” del condividere parte delle loro ricchezze. “Perché almeno Berluscon de’ Berlusconi non dimostra il suo amore per l’Italia e gli italiani regalando per esempio qualche miliardo allo Stato? Lui di miliardi di euro ne ha a bizzeffe. E mica solo lui.

Tra gli uomini più ricchi del mondo, anche se è stato superato da altri italiani super miliardari come Del Vecchio, Ferrero, Armani, Pessina, Landini Aleotti (farmaceutica Menarini) Perfetti, fratelli Rocca, Ferrari, Doris, si quello di Mediolanum e tanti altri. Don Gallo amava ripetere che durante la guerra si diceva “Oro alla patria” e molti regalavano allo Stato perfino le fedi nuziali d’oro. Ora lo Stato è in difficoltà, in crisi, che diano esempio i multimiliardari, gli straricchi, donando alla patria, alla povera gente, parte del loro oro e delle loro ricchezze, che ne hanno davvero tante, così diceva don Gallo quando nei vicoli di Genova aiutava puttane, froci, tossici, ladri e assassini come cantava il suo amico De Andre. Non sfuggiva al prete di strada neanche l’evasione fiscale o le furbate dei paradisi all’estero dei Paperoni nostrani: “Stando a quanto si è scoperto della buonanima di Gianni Agnelli, che si inguattava molti miliardi di lire all’estero alla faccia del fisco e dei lavoratori della Fiat, e stando anche alla vorticosa e poco chiara girandola di società estere di Berlusconi, è legittimo sospettare che in realtà più d’uno di questi nomi di lusso sia molto più ricco di quel che risulta dalle classifiche di Forbes”. Continua don Gallo, nel suo libro “ Non uccidete il futuro dei giovani” facendoci riflettere sulla lettera che il super miliardario francese Warren Buffet, considerato da Forbes il terzo più ricco del mondo, ad agosto del 2011 ha scritto per il New York Times:

1) Noi super ricchi siamo troppo coccolati, i governi ci risparmiano.

2) I politici chiedono sacrifici condivisi, ma mentre la classe media fatica ad arrivare a fine mese, noi continuiamo a goderci i nostri sgravi fiscali.

3) I legislatori si sentono obbligati a salvaguardarci quasi fossimo una specie rara che rischia l’estinzione, come il gufo maculato.

4) Chi fa i soldi con i soldi paga al fisco meno di chi guadagna lavorando.

5) Devo pagare al fisco solo il 17,4% del mio reddito, mentre i miei dipendenti devono versare oltre il doppio, fino al 41%.

6) Non ho mai visto nessuno che evita di investire quattrini perché scoraggiato dal dover pagare più tasse.

7) Noi super ricchi dobbiamo pagare più tasse.

8) Io, miliardario d’America e del mondo, vorrei pagare più tasse.

9) Conosco bene molti super ricchi americani. Quasi nessuno di loro avrebbe da ridire se dovessero pagare tasse più alte, specie ora che tanti connazionali soffrono perché se la passano male.

10) Non è vero che tasse percentualmente più alte deprimono la creazione di posti di lavoro. Nel ventennio 1980-2000 sono stati creati negli USA 40 milioni di posti di lavoro. In seguito le aliquote fiscali sono state abbassate, ma i posti di lavoro anziché aumentare sono diminuiti. E di molto.

Come vedete, il finanziere super ricco Buffet, con poche parole, ha distrutto tante panzane, tanti luoghi comuni e tante convinzioni errate di chi ci governa.

di Claudio Caldarelli

Print Friendly, PDF & Email