Virus, guerra e verità

Impera la guerra. Non solo la sua metafora, ma la guerra in tutto il suo senso più abissalmente stratificato dentro il conscio, il subconscio, la teoria e la prassi umana. Politica, economia, scienza, sciame social-mediatico non fanno altro che dichiarare tutt’insieme in ogni istante: GUERRA! A chi? A un’entità sub-cellulare di Acido Ribo Nucleico (RNA). Viene in mente il futurista fascista nazionalista Filippo Tommaso Marinetti: “Viva la guerra, sola igiene del mondo!”. E ancora prima Hegel: “La guerra preserva i popoli dalla putredine”. A essi risponderebbe oggi l’ignoto signor Virus Corona: “E allora eccole, stimatissimi, le vostre care grandezze: putredine, guerra, igiene, malattia. Ve le servo tutte insieme nella mia infinitesimale, impercettibile consistenza. Buon bombardamento bellico”. Come non avessimo fatto già abbastanza guerra al pianeta, sottratto habitat a ogni altra specie vivente, senziente, intelligente. Determinato spillover, ossia tracimazione di virus da animale ad animale e poi all’uomo. Deforestando, globalizzando, avvicinando animali distanti tra loro come pipistrelli e pangolini.

Ieri per Von Clausewitz la guerra era la continuazione della politica con altri mezzi. Oggi per noi, invece, tutti i mezzi sono piegati alla prosecuzione della guerra. Il suo incessante perseguimento è l’unico scopo cui tendiamo. Guerra, forza, potenza. Violenza, protervia, prepotenza. Vince chi può scagliarne di più sul campo di battaglia. Oggi questa regola vale soprattutto nei confronti della verità. Sì, la verità, ossia la fatidica prima vittima di ogni guerra. Oggi, però, il fronte bellico sulla verità si è spostato molto più avanti.

Lo abbiamo scritto qui varie volte. Lo riassumiamo succintamente. La scienza ha abolito il principio stesso di verità con la V maiuscola. Verità incontrovertibile, assoluta, necessitante. La scienza non si adegua più a una verità di questo tipo, altrimenti l’uomo non sarebbe un artefice, ma il mero esecutore, o cancelliere tribunalizio di sentenze non emesse da lui. La scienza, al contrario, oggi fa, istituisce, costruisce, fabbrica materialmente la verità, anzi le verità, nel corso del suo progressivo avanzamento. Le fa, le disfa, e le rifà. Incessantemente. Procedendo per protocolli, che hanno un’utilità temporanea, per approdare ad altri più avanzati ma altrettanto provvisori. Non si dà, però, un unico protocollo in atto, in movimento, su un determinato tema valido per tutti, erga omnes, in quel determinato momento. Si hanno sempre diverse verità protocollari simultaneamente avanzanti, confrontantesi, scontrantesi in concorrenza –  anche aspra – tra esse.

Assistiamo a questa continua guerra, guerriglia, intifada da tutti gli schermi dei nostri devices, oltre che da cuffie, cuffiette, auricolari, bluetooth. E’ la radiazione di fondo che ci agglutina tutti insieme, sprofondandoci però ancora di più dentro la separazione, la solitudine con noi stessi. Solitudine, dentro la gabbia della nostra assoluta ignoranza scientifica. Lo scontro – indubbiamente ad alto livello di studio e prassi sanitaria – tra esperti virologi, infettivologi, , epigenetici è esso stesso virulento, social-virale. Esso dipende anche dalle iper, sotto-specializzazioni dei contendenti. Queste si basano su campi di osservazione, di percezione e analisi di uno stesso fenomeno diversi e dunque anche di verità particolari. La frammentazione sempre più vertiginosamente specialistica dei saperi è d’altronde il fondamento dell’Europa, dell’Occidente. Il fondamento dei contrasti, della divisione. Nella provvisorietà e reciproca lotta delle verità transeunti qual è il criterio che decide della maggiore o minore affidabilità di esse?  È solo la forza. La forza, la potenza mediatico-economica e dunque pubblicitaria che hanno alle spalle.

Il professore Roberto Burioni nella trasmissione ad alta audience di Fabio Fazio del 2 febbraio 2020 ha clamorosamente sbagliato tutte le sue previsioni. Poi sempre nello stesso programma le ha ribaltate come niente fosse, aumentando l’influenza della sua opinione scientifica. Questo solo perché il suo parere è trasportato da una portaerei  televisiva di grande stazza mass-mediatica. Nei maggiori talk show vediamo sempre le stesse facce di esperti, politici, giornalisti, i quali hanno anche loro esordito con degli abbagli clamorosi. Pure non hanno mai chiesto scusa, perché vendere prodotti commerciali attraverso contenuti scientifico-culturali richiede ospiti fissi, stabili, affidabili, collaudati. La verità sta nella potenza in sé della rete di comunicazione, più che in ciò che essa comunica. Lo scopo principale resta quello dell’aumento dell’audience per aumentare gli introiti pubblicitari, i profitti economici. Per questo sono canali intimamente strutturati per sviare dalla verità, oltre ogni buona fede di chi le conduce e di chi vi appare.

Fuori del raggio luminoso dell’apparenza social-mediatica, dietro la sua linea d’ombra, si agitano decine di alti ricercatori, studiosi di laboratorio, clinici cui non viene concessa immagine e parola. E che invece andrebbero ascoltati, valutati per la fondatezza di ciò che affermano sulla scorta di valide argomentazioni e dimostrazioni. Il solo fatto, invece, di non essere tra quella manciata di semidei aureolati li scaraventa nelle propaggini basse, umide, buie della comunicazione, nelle quali rischiano continuamente di essere accomunati ai propalatori di bufale e fake. Soprattutto ci sono studiosi – ancora oggi inascoltati – che avevano seguito l’evoluzione mutagena di questo virus fin dal 2003, quando un adolescente ne fu mortalmente colpito a Hong Kong. Hanno immediatamente e lucidamente capito la incombente minaccia planetaria e diffuso l’allarme nell’ambiente scientifico, scrivendone su molte prestigiose riviste, tra cui The New England od Medicine. Basterebbe per questo riascoltare il podcast del biologo molecolare ed esperto epigenetico Ernesto Burgio nella sua ampia e limpidissima esposizione su Radio Onda Rossa, sabato 21 marzo scorso.

D’altronde la più autentica distanza dalla verità la misurano proprio quelli che per antonomasia la dovrebbero invece incontrovertibilmente certificare: ossia i numeri. Ormai non c’è più nessun serio esperto clinico, matematico, statistico che non affermi che quelli diffusi ogni sera alle 18 dalla Protezione Civile siano gravemente fuorvianti. Essi, infatti, non tengono conto del vero numero dei contagiati, ossia anche dei positivi asintomatici, i quali però sono degli attivi portatori sani, infettatori ignari e inconsapevoli proprio dentro le pareti domestiche e, di qui, tra quelle ospedaliere. Ne consegue una strategia epidemiologica di contenimento del contagio totalmente errata ed errante. Il virus, infatti, andrebbe scovato là dove si sta fisicamente incubando e non aspettare che arrivi nelle terapie intensive. Questo sarebbe possibile con test sì mirati ma su larghe fasce sociali a rischio. E non soltanto con tamponi ma – soprattutto – con test sierologici ematici, che indicano la presenza certa degli anticorpi in azione in una sola goccia di sangue. Test di maggiore precisione scientifica, facilità esecutiva ed economicità in termini di costi. Anche qui andrebbe riascoltato il podcast su Radio 24 Ore, di mercoledì 18 marzo scorso con il Presidente della Società di Virologia Italiana, professore Arnaldo Caruso, ordinario dell’Università di Brescia.

Sviante e umiliante della verità è tutta la retorica militaresca per sconfiggere, schiacciare come un pitocco il Coronavirus. Dovremmo invece velocemente traslare allo schema del confronto tra intelligenze, della partita a scacchi, dove è previsto anche il risultato di parità, comunemente concordato tra i contendenti con una stretta di mano. Questo virus, infatti, non può essere in nessun modo annientato, ma solo neutralizzato, assimilato, ospitato pacificamente nell’organismo umano, al pari di molti altri, come un transitorio e curabilissimo malessere di stagione. Per questo, però, oltre agli esperti iper-specializzati e litigiosamente frammentati fra loro, necessitano menti in grado di unificare il sapere, la cultura, attingendo al filone aureo più sotterraneo della verità.

di Riccardo Tavani