ATTENTI AL VIRUS

Non vorrei sembrare il solito menagramo, ma il coronavirus c’è ancora. Un po’ sornione, si nasconde tra la gente, serpeggia clandestino, pronto ad accendere nuovi focolai. In Germania come a Los Angeles, in Cina come in Brasile, a Bologna come a Mondragone. Nessun paese è immune.

Credo che dovremmo chiarirci le idee, districandoci tra i pregiudizi, le balle e le notizie vere che circolano sull’argomento, se vogliamo difenderci bene.

Prima di tutto una domanda: ma a che cosa è servito il lock down, se il virus c’è ancora?

È servito a ridurre le vittime, a contenere la diffusione. Per capire bene che cosa ciò voglia dire, bisogna guardare i numeri della diffusione nel mondo.

La Cina è stato il Paese d’esordio della pandemia; dovrebbe essere al primo posto per malati e decessi, invece si trova oggi al 21° posto, grazie ad una dura politica di lock down.

L’Italia, che ha avuto inizialmente il poco invidiabile primato di contagi e di morti, è scesa al 9° posto.

La Grecia, che ha attuato più precocemente degli altri paesi europei le misure di contenimento, è sempre stata agli ultimi posti: ora è all’89°.

Ai primi tre posti di questa drammatica graduatoria mondiale sono saliti, nell’ordine, Stati Uniti, Brasile e Russia: quelli che hanno tardato – o tentato di evitare – le misure di chiusura, perché son tutte balle e fa male all’economia. Eppure sono stati colpiti più tardi ed avevano, per questo, più cognizioni sulla pandemia e più chances di difesa.

Come si vede, il lockdown down ha funzionato. Meglio dove è stato precoce, peggio dove è arrivato più tardi.

Serve altro? C’è ancora qualche incredulo?

Si è poi “riaperto” per due motivi sacrosanti: il primo è che il parametro R0 è diventato inferiore a 1, cioè che la probabilità di contagiare altre persone si è fortemente ridotta; il secondo è che non si può morire di fame per non morire di virus. Se è giusto evitare i contatti (umani e di lavoro) quando ciò comporta un aumento esponenziale dei malati, è anche giusto consentirli quando tale rischio è ridotto al minimo.

Ma non azzerato: il virus c’è ancora e nessuno ha detto che è sparito.

Ma allora, come ci difendiamo? Siamo condannati al coronavirus?

Ci difendiamo, prima di tutto, con le misure personali, ora che quelle collettive e sociali non ci sono più e si può di nuovo uscire, andare al ristorante, a teatro e, praticamente, dove ci pare e piace. In tutti questi posti ci si va protetti, secondo necessità, con la distanza, la mascherina e le misure d’igiene.

Non è difficile. Anche se alcuni non vogliono capire. Ma, si sa, è impossibile abolire la stupidità per decreto.

Quel che bisogna capire, è che quante più persone rispettano queste poche norme, tanto meno si diffonde la malattia. E viceversa. La responsabilità è nostra, non del governo. Né del destino cinico e baro.

Ma proprio questo è più difficile: assumersi la propria responsabilità, non delegarla alle “istituzioni”. Paradossalmente è stato più facile restare a casa per forza, di quanto non sia uscire responsabilmente. Oggi tocca a noi – direttamente e individualmente – contenere la pandemia. Nessun alibi.

La seconda linea di difesa è costituita dal tracciamento dei contatti. In un mondo in cui tre o quattro boss mondiali della rete sanno tutto di tutti: dove vai, con chi comunichi, cosa compri, cosa guardi in televisione eccetera; in un mondo così c’è ancora qualcuno che diffida dell’App Immuni? Insomma, Google e compagni sanno tutto e i nostri dati sono utilizzati sia a fini commerciali, sia a fini politici. Dati sensibili, con tanto di nome e cognome, così importanti da valere miliardi; così precisi da influenzare, se non determinare, l’esito elettorale. Ricordiamoci di Cambridge Analytica, che ha rubato i dati di milioni di utenti Facebook e li ha venduti per le campagne elettorali di Trump e della Brexit, che – guarda caso – hanno vinto contro ogni pronostico. Ma, forse,  li ha venduti anche in Italia.

A proposito, ricordiamoci pure che il fondatore di Cambridge Analytica è Steve Bannon, che è stato premiato dal governo italiano con l’incredibile affidamento della Certosa di Trisulti. Grazie, Franceschini, per il colpo di genio. Ora, in quel luogo sacro, ci sarà una “scuola” dove si potranno insegnare questi sistemi.

Google sa perfettamente dove sono stato alla tale ora di tale giorno (e questo non ci preoccupa) ma io non posso sapere, in forma anonima, se ho contattato un portatore di virus?

Qualche volta la diffidenza si indirizza verso l’obiettivo sbagliato. Verso un’app utile anziché verso i trafficanti di dati personali; verso i braccianti bulgari anziché verso i trafficanti e gli sfruttatori di esseri umani.

di Cesare Pirozzi

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