Sarah Everard. She was just walking home

Ogni donna, a qualsiasi età, ha provato almeno una volta nella vita, la paura di precorrere un tragitto al buio da sola, la tremenda sensazione di essere seguita, molestata, braccata.

E’ difficile da accettare, soprattutto in quei luoghi del mondo che dovrebbero essere tra i più sicuri, eppure è così, non sempre le donne sono libere di uscire da sole, di vestirsi come vogliono, di camminare in un luogo isolato. Nonostante i dibattiti sulla violenza, i buoni propositi, ancora oggi tante, troppe donne, convivono ogni giorno con la paura.

Per questo motivo quello che è accaduto a Londra è qualcosa che riguarda tutti e su cui dobbiamo riflettere.

La sera del 3 marzo Sarah Everard stava semplicemente tornando a casa, percorrendo a piedi le strade illuminate del centro di Londra, una sera come altre in cui la pandemia ha trasformato le città in luoghi fantasma. Sarah aveva lasciato l’abitazione di alcuni amici alle 21, le ultime immagini della ragazza sono state riprese alle 21.28, da quel momento in poi di lei non si ha più nessuna traccia. Sparisce nel nulla.

Dopo diversi giorni, il 9 marzo, viene arrestato un sospettato, Wayne Couzens, è un agente di polizia affidato al comando di protezione parlamentare diplomatica.

L’omicidio è brutale, il corpo della ragazza viene ritrovato a pezzi, solo l’analisi dentale permette di identificarla.

Una barbarie che a Londra ha fatto indignare migliaia di donne scese in piazza al grido “She was just walking home” per rendere omaggio a Sarah, ma anche per rivendicare il sacrosanto diritto di sentirsi al sicuro.

Un protesta pacifica a cui la polizia ha risposto con la massima repressione, tuttavia, gli scontri non hanno fatto che alimentare l’ondata di indignazione di migliaia di donne che in tutto il mondo hanno appoggiato la protesta.

E’ mai possibile che una violenza di questo genere possa accadere per mano di chi dovrebbe vigilare la sicurezza nelle città?

La mancanza di sicurezza e protezione di cui le donne sono troppo spesso vittime è l’altra faccia della medaglia dei femminicidi che il più delle volte accadono nell’ambito familiare.

Secondo l’ultimo censimento sui femminicidi prodotto alla fine del 2020 che prende come riferimento il decennio 2009-2018, nel Regno Unito ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo. Nel 62% dei casi, si tratta dell’attuale o ex compagno ed il 59% ha una storia di abusi alle spalle.

Nel 2020 in Italia resta stabile il numero dei femmicidi, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Eures, nei 10 mesi del 2020 si contano 81 femminicidi (da 85 dello stesso periodo del 2019).

Ma non è una buona notizia, perché i numeri rappresentano comunque un’emergenza e una condizione che accomuna tanti paesi e che dovrebbe far riflettere sulla necessità di interventi anche a livello europeo.

Perché quando ad uccidere è chi dovrebbe proteggere è l’intero sistema che non funziona.

di Susi Ciolella

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