Noi per protesta dovremmo rinunciare al riscaldamento

“Non è di maggio questa impura aria/ che il buio giardino straniero/ fa ancora più buio/ o l’abbaglia con cieche schiarite/ questo cielo di bave sopra gli attici giallini/ che in semicerchi immensi fanno velo…” Pasolini in “La ceneri di Gramsci”. Non è facile scrivere di pace o di guerra, non è facile pensare di esserci quando altri non ci sono più. “…spande una mortale pace/ disamorata come i nostri destini…”

Versi che scavano nel profondo aiutandoci a vedere ciò che non si vede. “…tra le macerie finito il profondo/ e ingenuo sforzo di rifare la vita/ il silenzio fradicio e infecondo…” A sentire ciò che non si sente. A provare il tremore e la paura delle bombe e della distruzione. Essere non aristocratici sulla Pace , ma essere dentro l’azione della Pace, chiudendo il gas. “Una concezione razionale della realtà, se ogni forma di pensiero ha bisogno, nell’atto pratico, di una manifestazione concreta e basata quindi sul sentimento e la persuasione, la non violenza, scrive Pasolini, è l’atteggiamento sentimentale e persuasivo di chi è totalmente fuori da ogni conformismo, di chi si è totalmente “liberato” attraverso gli strumenti della ragione e della cultura”.

L’atteggiamento sentimentale e persuasivo lo ritroviamo anche nei versi di Franco Arminio, che scrive: Scuotere, scuotersi:

“I capi dell’Occidente vogliono difendere/ l’Ucraina puntando sul denaro/ scelta coerente in un mondo/ ormai pienamente monoteista/ per tutti un solo Dio, l’economia./ Speriamo che funzioni, ma se pure passa/ presto questa crisi/ nessuno butterà via le sue armi/ e comunque/ la prossima stagione balneare/ conta di più/ dei bambini, dei vecchi/ per non parlare delle mucche/ o dei piccoli animali schiacciati/ durante la marcia dei carri armati./ Forse i capi dell’Occidente dovrebbero dire/ agli ucraini: veniamo anche noi a Kiev/ prendiamo un aereo e arriviamo/ ci mettiamo in piazza, annunciando al mondo/ dalla piazza di Kiev che vogliamo buttare via/ tutte le armi e fare tutti insieme una sola battaglia:/ guarire la terra dal male che le abbiamo fatto/ accudire la terra, sognare un altro mondo/ e intanto custodire i fragili, difendere/ dalle bombe anche una cesta di frutta/ sul tavolo del pensionato ucraino./ I capi dell’Occidente faranno i loro affari/ ma ad essere sinceri anche i nostri:/ noi per protesta dovremmo metterci i cappotti in casa/ e rinunciare al riscaldamento/ noi pure dovremmo fare un sacrificio/ per essere vicini alla badante ucraina/ che in queste ore trema per i suoi figli./ E poi in questi casi il primo sacrificio/ dovrebbero farlo gli scrittori, gli intellettuali/ non certo gli operai a cui in questi giorni/ comunque tocca lavorare./ Siamo noi che dovremmo spingere i potenti del mondo/ a prendere l’aereo e andare lì e sentire/ il nero tremore della guerra./ Siamo noi per prima che dovremmo mettere/ un doppio piumino sul letto e dormire al freddo/ in questi giorni, dire che il gas assassino non ci serve/ dire che non ci serve la Nato e non ci serve un mondo/ regolato dai mercati./ Non so se siamo capaci di essere migliori/ ma dobbiamo provarci, dovevamo farlo già durante/ la pandemia e non lo abbiamo fatto./ Vediamo se questa guerra ci scuote/ bisogna scuotere l’inerzia della bontà/ bisogna capire che la furbizia non ci salva/ e mai ci salverà”.

di Claudio Caldarelli ed Eligio Scatolini

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