Nina Miselli e il premio “La Rocca”

Ho conosciuto Nina Miselli, una donna che ama scrivere, che sa raccontare e trasmettere emozioni. Per me, che scrivi, è stato un onore averla incontrata. Ci siamo conosciuti a Montecchio Emilia, in occasione dell’assegnazione del premio letterario “La Rocca”. Un premio importante, partecipato, vissuto e amato, da tutti i suoi partecipanti. Nina Miselli, ha fatto gli onori di casa, all’interno del salone della Rocca di Montecchio e durante la premiazione. La sua capacità di gestire un evento così importante e così complesso, dimostra non solo la sua professionalità ma soprattutto il suo sentisi parte del premio, in empatia con i partecipanti e con la giuria.

Emozioni forti, lacrime, commozione, fanno della giornata di domenica 5 giugno, una giornata da portare nel cuore. Una giornata da non dimenticare, per il valore artistico-letterario delle poesie e dei racconti premiati, ma di alto spessore letterario ma anche i non premiati. La giuria ha fatto un lavoro enorme, sotto la supervisione della instancabile Nina, che oltre al cuore, nella organizzazione del premio, ci mette anche le emozioni, intense e profonde.

“Nella distesa dei tuoi occhi/ vi è talora un castello incantevole…” così Paul Elurd avrebbe dipinto Nina, nel castello incantevole di Montecchio, dove è riuscita ad organizzare un evento culturale che coinvolge scuole, amministrazione, Pro Loco, poeti e scrittori provenienti da tutta Italia. I premiati, hanno ricevuto la targa dalle mani dell’assessore, della consigliera comunale, del presidente della Pro Loco, del poeta, padrino del premio, Mirco Del Rio. Una grande festa. Un convivo di lettura, in cui il protagonista principale sono stati i bellissimi versi “danteschi” recitati con una immensa forza d’animo e tanta emozione. Voci convulse, singhiozzi e risa, un mix di potenza evocativa e introspettiva, sapientemente scelte dalla presidente della giuria Angela Angolano, insieme a Emanuela Villa e Nina Reverberi. Una giuria che merita un verso di Juan Ramon Jmenez “Che piacere, cuore, questo liberarti/ giorno dopo giorno, dal tuo guscio/ questo andare incontro alla tua forma vera…” a loro, donne coraggiose della poesia, questo mio inchino.

Ma anche nei racconti, il ritmo palpitante, eterna calamita di un sentirsi parte di ciò che ascoltiamo, è il giusto riconoscimento a quanto è stato fatto nella scelta dei racconti premiati, da parte di Eugenio Pattacini, Alessia Grasselli e Veronica D’Onofrio. Una finestra aperta dove filtra l’aria pura in tutta la sua naturalezza dello scrivere riga dopo riga fino allo sfinimento, per poi sentirsi appagati dal lavoro svolto. Meritano anche loro un inchino alla loro sensibilità, disponibilità e condivisione di una giornata particolare. A loro Boris Pasternak “Il dottor Zivago” che ama e continua ad amare tra le nevi e la primavera”La vita è tornata, così, senza motivo, come allora che s’era stranamente interrotta…Togli il palmo della mano dal mio petto, noi siamo cavi sotto tensione…” si, noi siamo cavi sotto tensione, quando scriviamo, quando ascoltiamo, quando recitiamo. Ma anche la poesia inglese, ci cattura con l’entusiasmo delicatamente malinconico, ma inebriante come il cielo di primavera. Qui si intravede la madrelingua con tutta la sua caratura culturale e letterale. Le poesie scelte sono un po’ la rappresentazione interiore che ognuno sente e percepisce nell’ascoltarsi, senza i filtri della ragione ma solo con la sensibilità del cuore. La presidente Jane Dolman, insieme a Monica Ardenghi e Elena Simonini, strappano un sorriso di commozione alla sala, lasciando tutti in silenzioso ascolto di quando scritto e tradotto. Emily Dickinson “C’è una luce in primavera che l’anno ignora, in altri periodi, quando marzo è appena arrivato…”un inchino genuflesso meritato sulle labbra di versi altrimenti irraggiungibili.

Poi, un omaggio a Liliana Boubè, presidente del premio in lingua francese, che mi ha assegnato il primo e secondo premio. Un omaggio a lei e alle altre giurate, Ester Montanari e Rossella Lascari.

Mademoiselle Liliana legge i miei versi, meglio di come io li ho scritti. Mi emoziona. Mi fa piangere. Mi toglie il fiato. Una emozione intensa mi avvolge, resto in piedi, sorretto dalla vicinanza di Nina Miselli che mi prende sottobraccio e mi sostiene. Un gesto di condivisione, che mi da la forza di vivere in tutta la sua intensità, un momento profondo che mi tocca nel cuore. Alzo lo sguardo, mentre Madame Liliana legge, guardo Nina, noto il delicato girocollo di perle, un tocco garbato di classe, indossato da una donna garbata di classe. Nina comprende il mio stato d’animo, lo condivide con me. Mi torna il respiro. Il battito si placa, mentre Nina mi sorride e Madame Liliana esprime e racconta ciò che io ho trasmesso. Mi sento a casa. Madame Liliana è sorprendente e nel contempo fantastica. Madame Liliana, una moderna Edith Piaf che canta sotto la torre Eiffel “La vie en rose” una canzone che fa piangere chiunque la canti e chiunque l’ascolti. Una canzone immortale, eterna, talmente intensa da somigliare in tutto a Madame Liliana “…je vois la vie en rose, il me dit des mots d’amour.Des mots de touts les jours…”. A lei, Madame, il mio inchino genuflesso. Poi Nina. Nina è la Silvia Plath che non indietreggia di fronte alle difficoltà, anzi stringe i pugni e cammina sui versi della poesia dell’anima, la sua anima che è la sua grandezza. Uno sguardo vasto come il silenzio, tempestato di speranza e di rugiada. Grazie. Grazie a tutte voi. Grazie Nina.

di Claudio Caldarelli

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