NOI SIAMO ALITALIA, STORIA DI UN PAESE CHE NON SA PIÚ VOLARE

silviaLa sala piena del Cinema Farnese ci dimostra come un film documentario su di un tema così importante come la compagnia aerea di bandiera ALITALIA, sia ancora dolorosamente di grande interesse. In sala 14-15 e 16 novembre prodotto da Alessandro Polcini Tartaglia con la regia di Filippo Soldi   Noi siamo Alitalia è un ottimo mezzo per comprendere come siano andate veramente le vicende della compagnia.

Nonostante i cambi di nome, di amministratori delegati, di cordate e di commissari e nonostante l’opinione pubblica sia sempre stata deviata da precise indicazioni giornalistiche che l’hanno spinta forzatamente a provare odio contro quelli che venivano descritti come dei “privilegiati”, la nostra compagnia di bandiera non è mai stata oggetto di verifiche governative reali e eque, anche se aveva sempre dimostrato di essere stata vittima di manipolazioni, di speculazioni e di losche manovre politiche, il governo ha continuatamente ignorato appelli alla giustizia e al rispetto delle leggi.  

Un tema ancora scottante, interessante e drammaticamente attuale viene trattato nel docufilm in cui vediamo quattro sceneggiatori alle prese con la narrazione della storia dell’Alitalia, i poveri ragazzi non sanno come affrontare il tema, conoscono poco gli eventi del passato e si sentono smarriti in un mondo che inizialmente danno per scontato come la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, poi a mano a mano che vanno avanti con le indagini, con le ricerche e con la lettura dei dati reali (e non solo di quelli ufficialmente pubblicati da giornali poco inclini a pubblicare quelli veri) si cominciano a fare un’idea di come sono andate veramente le cose.  

I quattro ragazzi cambiano visibilmente opinione andando avanti nelle ricerche, si cominciano ad orientare in un universo di dichiarazioni incoerenti, di false piste, di bandi provvidenziali fatti magicamente scadere tra ritardi e posticipi, vendite rimandate nonostante compratori interessati, cessione di rami in attivo che dovevano essere mantenuti e che invece venivano regalati per pochi euro, slot, aeromobili. Addetti specializzati licenziati in tronco che denunciano le bizzarre scelte aziendali, ad esempio l’arrivo di costosi macchinari appena comprati e mai utilizzati, oppure la dismissione di interi settori che erano eccellenze nel campo aereo (come il “Painting” o il “Manteinance”) che richiamavano clienti provenienti da tutte le compagnie straniere che si affidavano a questi reparti per la loro competenza nel settore.

In questo viaggio all’indietro, i quattro ragazzi navigano nella memoria di Alitalia, tra scartoffie, scatoloni di gadgets AZ e vecchie divise incredibilmente ancora bellissime, la loro espressione varia notevolmente nel corso delle indagini, rimangono sgomenti di fronte alla enorme quantità di indicibili vergogne emerse, portano alla luce dati drammatici, errori macroscopici di strategie aziendali, bad company nate per azzerare i debiti e passare un colpo di spugna su errori madornali di manager multitasking ( un culo per 24 poltrone) avallati da commissari che hanno affondato ancor di più la morente AZ mentre invece dovevano riportarla a galla. Dal film si rimane stupiti per la semplicità con cui si sono rimpallati le colpe i vari governi, con stupore constatiamo come emergono questioni legate ai partiti politici che hanno cavalcato a turno la povera Alitalia usandola come cavallo da portare al macello, le colpe vanno distribuite trasversalmente , sia la destra che la sinistra hanno avallato strategie aziendali fallimentari in un continuo di scelte scriteriate, di ingerenze pubbliche e private, di affari loschi, di promesse di voti alle  elezioni politiche, di leader pronti a tutto e di capitani coraggiosi inesistenti, di personaggi inquisiti e poi condannati, di traffici di ogni tipo, di acquisti a prezzi maggiorati e di vendite a prezzi stracciati. Uno schifo generale nascosto dietro a giustificazioni senza logica.

Il film è una chiara esposizione delle questioni irrisolte e mai veramente rese pubbliche, si indaga sulle varie vicissitudini della amata e odiata Alitalia, che dal 1947  al 2021 ha solcato i cieli di tutti i continenti rappresentando l’Italia nel mondo, collegando il nostro paese con America del Nord, America del Sud, Europa, Asia, Africa, Australia e portando nel mondo l’immagine di un marchio associato non solo alla sicurezza del volo, ma anche alla competenza dei piloti, degli assistenti di volo, dei tecnici, degli addetti alla manutenzione e di tutte quelle aree tecniche dell’aereonautica civile in cui la nostra compagnia di bandiera ha sempre primeggiato. Piloti, hostess e steward venivano selezionati con estrema cura ed una volta superati esami e prove sotto stress, venivano sottoposti ad un addestramento mirato al rapido problem solving, ovvero alla risoluzione delle emergenze e delle varie criticità del volo nonché al primo soccorso e al veloce intervento su incendi ed evacuazioni a terra e in mare. Si contraddistinguevano per la loro preparazione tecnica, per la loro flessibilità e per le competenze acquisite dopo anni e anni di test, esami, check nei simulatori e in aula dopo decenni di duro addestramento e non soltanto per il loro sorriso, la loro gentilezza ed il loro portamento elogiato in tutto il mondo.

In ogni parte del mondo l’Alitalia veniva associata all’Italia, per le generazioni emigrate in America ed in Australia, ad esempio, rappresentava un legame con la propria patria, si sentivano a casa una volta saliti a bordo, coccolati e rimpinzati a dovere, portavano i miliardi veri nelle casse dell’azienda, erano dei passeggeri fidelizzati che mai avrebbero preso un’altra compagnia per effettuare i loro viaggi. L’Alitalia portava alta la qualità dei prodotti tipici italiani, era apprezzata da sempre e da tutti quell’arte unica e inconfondibile dell’assistente di volo italiano, ovvero l’arte di saper ospitare sorridendo, di mettere a proprio agio le persone chiuse in un tubo a ventimila metri di altezza, quella di saper dare sicurezza al passeggero impaurito, quella di saper prendersi cura degli anziani e dei disabili.

Il personale di cabina e di condotta rappresentavano un’eccellenza riconosciuta da tutti i competitors che ammettevano apertamente i loro goffi tentativi di copiare quella innata qualità che contraddistingue l’italianità. Ebbene, alla fine, i quattro sceneggiatori avviliti e sconsolati, concludono il loro lavoro mortalmente schifati da tanto tanfo, con l’evidenza innegabile di aver scoperchiato una pentola straripante di roba marcia e avariata, demoralizzati di fronte a tanta ingiustizia e davanti alle lacrime dei lavoratori Alitalia finiti nel baratro, mollano la presa, abbandonano la ricerca dei cialtroni o degli assassini, tanto, anche se abbondantemente individuato, denunciato e perseguito il colpevole si ha la certezza che nessuno pagherà per il danno irreparabile commesso e nessuno si prenderà mai la colpa per l’uccisione della compagnia di bandiera.

Silvia Amadio

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