Bell’amore
“Dove mi porti bell’amore? Nell’altrove che non ci riguarda? Ci verrò. Voglio scoprire i luoghi che non abiteremo mai…”. Nessuno dopo di te. Parole d’amore pronunciate quando il piacere fa smarrire il senso della realtà, annulla differenze e conduce ad una esperienza totalizzante, che prima o poi arriva per tutti e, con la quale, presto o tardi, tutti facciamo i conti. Bell’amore è, l’amore naturale, che spinge ognuno di noi nelle braccia e nel cuore della persona amata. Con tutti i suoi limiti. Con tutte le sue contraddizioni. Con tutti i suoi perché. Ma è l’amore. Unico. Potente. Appassionante. Irripetibile. Bell’amore è l’amore che trascende, che ci attraversa, che ci aggroviglia l’anima. Talmente straordinario da essere ordinario nella sua quotidianità.
È questo il Bell’amore che Guido Lomoro porta in scena in “Nessuno dopo di te” sul palcoscenico del Teatrosophia, in via della Vetrina a Roma, dal 21 al 26 marzo, attraverso la narrazione di un amore omosessuale profondo, intenso, commovente. Nel cuore di Roma cattolica, nel pieno di discussioni politiche intorno alla questione di genere. Una pièce che ha il merito di limitarsi a mostrare senza l’urgenza di dimostrare.
“Il mio intento è quello di far capire che l’amore omosessuale è un amore normale, talmente normale da essere ordinario, con tutti i suoi clichè. Tutto qui, solo questo” ci dice Guido Lomoro al termine della rappresentazione che ha riscosso un ottimo successo di pubblico con applausi prolungati.
Due corpi fluidi. Due anime liquide. Due essenze danzanti sul fragore delle onde che si infrangono su un infinito sogno di voluttuose nudità. Un mare racchiuso nella essenza di due gocce che per natura contengono la passione e l’impeto. A dare forma e corpo alle gocce dal sentimento universale sono Alessandro Mannini e Tony Scarfi’. Passione e impeto trasformato in un’unica essenza vitale che tramuta anche il battibecco in sensuale emozionante amore, sia esso respinto che accolto.
Ognuno con la propria individualità, con il proprio irrisolto, i due amanti riescono comunque a trovarsi, a legarsi, a scontrarsi facendo cadere ogni velo di banalità e ipocrisia. Il linguaggio è poetico. I movimenti sono poetici. La distanza, sapientemente misurata, è poetica. L’intreccio è elegante, garbato. La sensualità è tocco leggiadro grazie alle coreografie e ai movimenti scenici curati dalla bravissima Maria Concetta Borgese. Un connubio, ben riuscito, quello di Lomoro e Borgese, che infrange ogni ordine costituito per rivoluzionare una nuova concezione sociale, di un rapporto talmente dirompente da essere ordinario, nei movimenti e nelle parole, così come le musiche, incantevolmente narrate e messe in scena da Alessandro e Tony. La danza delle parole nei movimenti di Maria Concetta assumono una armonia che scava nel profondo dello spettatore, elevandolo ad una concezione innovativa di un teatro che fa teatro sociale, innestandosi, fin dentro le lacerazioni delle carni di ognuno di noi.
Bell’amore ci fa vivere un amore autentico, che riconosce nel non detto, nei coni d’ombra, nelle contrazioni e nelle aperture di ogni singolo muscolo, la quotidianità dell’amore che rompe ogni schema e lo porta fuori dall’ ordinario per renderlo ordinario. Più reale del reale. Più vero del vero. Bell’amore, con le parole di Guido, annulla la realtà stereotipata incarnata nell’immaginario collettivo. Maria Concetta la frantuma, con la forza dei suoi movimenti, questa orrida realtà stereotipata. Così come Alessandro e Tony che riescono, con la loro fisicità, a superare, con rispetto, Pasolini e i suoi ragazzi di vita, per contrasti in una immaginaria “Pietà” di Michelangelo e “partorirsi” nella straordinarietà di un amore quotidiano, riassorbito dal suo mare amniotico che ci fa tutti figli della stessa immensa Madre.
Nicoletta Iommi e Claudio Caldarelli