Il candore di Teresa

Il mondo degli esclusi. Il mondo dei perdenti. Il mondo delle donne che resistono. Il mondo del genio e della intelligenza di chi, analfabeta, mantiene la schiena dritta. Il disincanto dell’amore. L’amore cercato. Donato. Mai ricevuto.  Il mondo di Teresa, che nonostante le avversità, mantiene la schiena dritta.

Al Parioli di Roma, va in scena “Teresa la ladra” con una superba Mariangela D’Abbraccio, con l’ottima regia di Francesco Tavassi e un quartetto eccezionale di musicisti, tra il tango e il jazz.

Nato da “Le memorie di una ladra” scritto da Dacia Maraini nel 1973, presente in sala, insieme a Sergio Cammariere autore delle musiche originali che danno profondità ad una spettacolo che Pier Paolo Pasolini definì “romanzo picaresco e non romanzo di formazione”.

Mariangela D’Abbraccio con la sua fantastica recitazione si colloca nell’Olimpo delle grandi star, tra Milva e Gabriella Ferri, fondendo in una sola recitazione il meglio delle due grandi donne del teatro italiano. Un monologo condensato, intenso, un po’ cantato un po’ recitato, senza nulla tralasciare al caso. I numerosi cambi di camicetta, a rappresentare il cambio di epoche, dal ventennio fascista al benessere degli anni sessanta/settanta.

Una ricerca d’amore, da vivere, senza riuscirci. Una forza d’amore da donare, sempre maltrattato dall’ambiente circostante. Il tentativo di salvare l’anima prima della deriva disumana. Teresa, rimane donna, con le sue contraddizioni, con le sue domande, con le sue sconfitte, senza mai illudersi, ma anche senza mai perdere la speranza. Una donna sconfitta che non si arrende al destino. Una donna che resiste. Mariangela D’Abbraccio fa di Teresa, non una donna ladra, ma una donna “partigiana delle avversità della vita”.

Un andante mosso, un po’ tanghero un po’ jazz, un po’ operetta, ma sempre con il sorriso e la serenità di una donna vispa dalla voce risonante, dinoccolata nei movimenti e nelle gestualità. Le musiche di Cammarieresottolineano bene il personaggio, portandolo da una Milo ha ad un andamento picaresco, nomade, un po’ zingaro, ma sempre consapevole di come sostenere una donna sconfitta dalla vita ma non dal tedio o dalla malinconia.

Mariangela c’entra il personaggio, superando, nella teatralità, la Monica Vitti cinematografica, mostrando che a volte il teatro rappresenta, lo stato d’animo, molto di più di un ciak, senza tralasciare nulla della originalità del romanzo. Un romanzo che coniuga una tematica impegnativa e seria, con una narrazione piacevole, irriverente e anche divertente. Una opera tragicomica, dove gli avvenimenti tristi inducono alla riflessione e alla compassione, ma anche ilarità e sorriso. Un effetto che si ottiene con la bravura della protagonista, voce narrante eccezionale con un piglio leggero e intenso, fatto di dramma con una dose di ironia.

Teresa, ci dice Mariangela, è una donna sopra le righe, una antieroina dotata di etica e morale, una reietta della società illuminata da una luce assolutamente non scontata che la rende simpatica facendo scattare nel pubblico un sentimento di empatia e condivisione di una esistenza fuori dagli schemi ordinari, una donna resistente.

 

Print Friendly, PDF & Email