Una strage senza giustizia

Salvo

Piazza della Loggia 42 anni dopo

«La giustizia completi il suo corso, anche se ciò non colmerà mai il vuoto lasciato ai familiari, agli amici delle vittime, ai tanti che soffrirono quella violenza disumana e l’aggressione alle persone e alla stessa vita sociale». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha commentato il 42esimo anniversario dalla strage di Piazza della Loggia in una lettera destinata al sindaco di Brescia, Emilio Del Bono.
«La ricostruzione storica – ha sottolineato Mattarella – ha da tempo evidenziato la matrice eversiva e neofascista della strage. Tuttavia, per lunghi decenni quest’opera di svelamento delle responsabilità e delle complicità non è riuscita a giungere a una conclusione in sede giudiziaria. Un ulteriore vulnus si è così aggiunto a quello, insanabile, del 28 maggio 1974».
Già, il 28 maggio 1974. Per quella bomba nascosta in un cestino persero la vita otto innocenti, la cui unica colpa era di aver aderito a una manifestazione proprio contro il terrorismo neofascista. Tra le vittime anche giovani, come il 25enne Luigi Pinto, che aveva appena avviato la carriera da insegnante; o come Livia Bottardi, di sette anni più grande, insegnante di Lettere alle scuole medie.
Diversi sono stati i tentativi di dar loro giustizia, ma quasi tutti hanno fatalmente steccato. Tra proscioglimenti, insufficienza di prove e rinvii a giudizio si arrivò perfino a seguire la pista dei Servizi segreti, derivante dalle inquietanti circostanze che si susseguirono a poche ore dalla strage; in primis, il diktat (ignoto) di far ripulire con le idropompe l’intera area colpita dall’esplosione, seppellendo così indizi e residui fondamentali per le prime indagini.
Non da meno, poi, la misteriosa scomparsa dell’insieme di reperti prelevati in ospedale dai corpi dei feriti e dei cadaveri, anch’essi di notevole importanza ai fini della verità. Tutti intralci, questi, che il giudice istruttore Zorzi definì un’ulteriore «riprova, semmai ve ne fosse stato il bisogno, dell’esistenza e costante operatività di una rete di protezione pronta a scattare in qualunque momento e in qualunque luogo».
Si è dovuto attendere il 22 luglio 2015 per ottenere una doppia condanna (all’ergastolo, anche se in appello) a due dei tanti presunti responsabili della vicenda, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Anche perché, nel mentre, gli altri erano già belli che morti. Cala dunque il sipario sull’ennesimo anniversario di quella che, insieme all’attentato al treno Italicus e ai fatti di Bologna, è considerata a tutti gli effetti una “strage di Stato.

di Massimo Salvo

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