Pasquale Campanello, uomo di Stato e eroe del quotidiano

‘Un eroe del quotidiano’ come lo definisce sua figlia Silvia. La vita del sovrintendente capo del Corpo di Polizia Penitenziaria, Pasquale Campanello, è di quelle che dovrebbero ispirarci, o perlomeno suggerirci qualcosa. Un modello è diventata di sicuro per i suoi due figli, visto che il minore, Armando, ha deciso di seguirne le orme entrando in Polizia.
Nato ad Avellino nel 1960, Campanello era addetto al padiglione di massima sicurezza “Venezia” del carcere di Napoli Poggioreale. In quel padiglione erano detenuti esponenti della criminalità organizzata sottoposti a regime di 41 bis. Il carcere di Poggioreale, quello del “Don Raffaè” di De André, è intitolato, guarda caso, al vicedirettore Giuseppe Salvia, ucciso dalla camorra semplicemente perché era stato l’unico ad avere avuto il coraggio di perquisire il boss Raffaele Cutolo.
Come un ennesimo filo che si intreccia con decine e centinaia di altri fili, la storia di Pasquale Campanello non è dissimile. Alle sei del pomeriggio dell’8 febbraio del 1993, a Mercogliano, in provincia di Avellino, Campanello stava tornando a casa dopo che era appena sceso dall’autobus con cui aveva viaggiato da Napoli. Dalla famiglia non è mai tornato perché, ad attenderlo nei pressi di casa, c’erano quattro sicari. Quattordici colpi di proiettile per mettere fine alla sua vita, di appena 32 anni.
Un agguato che forse voleva essere una punizione per non aver accettato compromessi. In ogni caso, per conoscere i mandanti, gli esecutori e il motivo del suo omicidio non sono bastati 24 anni.
Anche nella storia di Pasquale Campanello, come in tutte le storie di quel profondo Sud, che come fili vanno ad intrecciarsi con questa, c’è sempre un denominatore comune, vale a dire l’assenza delle istituzioni. Uno Stato che in quei luoghi spesso non c’è e, quando arriva lo fa con i suoi tempi. Come i quasi 5 anni che sono serviti alla famiglia di Campanello per vedersi riconoscere lo status, e quindi i benefici, di ‘Vittima del dovere’.
Proprio in quegli stessi luoghi, qualche anno prima, lo Stato aveva mostrato, ancora una volta, la sua faccia peggiore con il terremoto del 1980 in Irpinia. Uno degli esempi peggiori di speculazione con una quantità sterminata di fondi dirottati. Fondi che hanno permesso ai clan della Nuova Camorra Organizzata di fare il salto di qualità.
Allora in queste vicende, uomini come Campanello sostituiscono e diventano essi stessi Stato. Fare il proprio dovere si tramuta in gesto eroico. Le mafie non esisterebbero, infatti, se non potessero appoggiarsi su di un area grigia di corruttibilità, e la ricostruzione post-terremoto ne è un esempio. Si passa sempre attraverso qualcuno che chiude un occhio, o per paura o per interesse. Per questo, quindi, il non compromettersi diventa eroico. Un ultimo eroico baluardo.

di Pierfrancesco Zinilli

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