Anziani: le loro storie di vita difficile

Troppo spesso la loro esistenza è fatta di solitudine, difficoltà economiche, malattie trascurate.
Spesso gli anziani vivono in condizioni di ristrettezze economiche o di vera e propria povertà, dovendo fare affidamento su pensioni misere, potendo contare solo su un misero reddito fisso, erodendo anche i pochi soldi messi da parte durante un’intera esistenza.
Negli ultimi anni sono aumentate vertiginosamente le spese per l’alimentazione, l’elettricità e il combustibile, e in media sono raddoppiati gli affitti delle abitazioni.
Il tasso di ospedalizzazione per la popolazione ultrasessantenne è quattro volte superiore alla media. Almeno un terzo delle degenze di soggetti anziani è dovuto anche a motivi economici e sociali. E i medici, a volte, sono costretti a prolungarle, proprio a causa delle precarie condizioni in cui verrebbero a trovarsi questi pazienti una volta dimessi.
Le trafile burocratiche richieste per visite ed esami specialistici costituiscono un ulteriore ostacolo per le persone anziane con scarse possibilità di movimento.

Un altro problema è rappresentato dall’acquisto di occhiali, apparecchi acustici e protesi dentarie per le quali è previsto da parte della mutua un rimborso parziale.
Per molti anziani, insomma, spesso si tratta di dover scegliere, e quindi rinunciare, tra le spese per la salute e quelle per l’alimentazione.
Molto spesso è proprio l’alimentazione a subire decurtazioni progressive in quanto gli anziani devono far fronte ad altre spese meno elastiche, come l’affitto e il riscaldamento. Ne deriva un’abitudine alla malnutrizione, con un maggiore ricorso a cibi poveri e di scarso contenuto proteico.

La carne, per esempio, è un lusso per molti di loro.
“Non me la posso permettere più di una volta la settimana e mai di prima scelta” afferma un’anziana vedova di Milano.
La maggior parte di queste persone ha lavorato duramente fino a quando l’età o la salute non le ha costrette a smettere.

Troppi anziani sono afflitti da un senso di emarginazione.
Quelli che vivono presso parenti sono sempre meno e almeno la metà dei ricoveri negli ospizi non sarebbe strettamente necessario.
Molte volte le strutture offerte agli anziani non fanno altro che esasperare il loro isolamento.
Le conseguenze sono disastrose: vi sono persone anziane che, ricoverate in istituto, a causa dello choc subito, muoiono in breve tempo; altre nel primo semestre; e un numero ancora più alto nell’arco di due anni.
Nei primi mesi dopo il ricovero non pochi sono coloro che abbandonano l’ospizio.

Emblematica è la storia di Antonio, 70 anni, pensionato.
Soffre di un difetto di circolazione con respiro affannoso.
Normale per una persona della sua età, ma i tre figli dicono che può morire da un momento all’altro e insistono con i medici fino ad ottenere il ricovero del padre in ospedale.
Dopo un mese, Antonio è più che pronto a essere dimesso, ma nessuno della sua famiglia si fa vivo in ospedale.
La sua casa ora è un letto d’ospedale in un reparto di lunga degenza.
Altri, per quanto non subiscano l’emarginazione delle case di riposo, si scoprono comunque ignorati da una società che non ha più tempo per occuparsi di loro.
Queste persone hanno lavorato per tutta la loro vita, hanno costruito delle famiglie, hanno contribuito al benessere del paese. Ora scoprono di essere stati messi da parte e privati della loro dignità.

Che cosa significa oggi avere più di 60 anni?
Per Franca dover rinunciare al caffè dopo pranzo.
Con l’ottanta per cento della sua pensione sociale che se ne va per l’affitto del suo modesto appartamento in periferia, c’è poco da stare allegri.
“Mi manca la mia tazza di caffè” commenta con amarezza la donna.
Per Anna, 62 anni, significa dover ridurre al minimo le cure per la grave forma di diabete che l’ha resa quasi cieca e ridotta a muoversi con fatica.
“Ogni mese devo decidere tra medicine, vitto e aiuto domestico: una scelta difficile e logorante”.
Per Enrico, un pensionato costretto a vivere in una soffitta, significa essere “così solo che potrei morire senza che nessuno se ne accorga”.
L’uomo vorrebbe raccontare a qualcuno la sua drammatica solitudine.
“La gente oggi ha fretta, non ha più tempo per parlare con un vecchio”.

Tre diversi casi, ma tutti drammaticamente emblematici di quello che significa la condizione di anziano: reddito insufficiente, assistenza medica inadeguata, isolamento.
Al giorno d’oggi la saggezza dell’anziano non viene più presa in considerazione tanto che, la maggior parte di loro, vive in una condizione di emarginazione e mancanza di potere, perché visti come soggetti passivi, non più in grado di essere produttivi e di svolgere un lavoro, anzi, soggetti deboli che necessitano di continua assistenza.
Per le famiglie gli anziani diventano un peso di cui prendersi carico, in quanto richiedono tempo, attenzione e numerose cure. Quasi diventano un peso mal sopportabile.

L’anziano molto spesso viene scaricato.

Le famiglie tendono a lasciare i propri cari in case di riposo per anziani, diventate veri e propri parcheggi, contenitori sociali dove non si dà più importanza all’anziano, ma viene solo trattenuto nell’attesa della sua morte e le badanti sono sempre più impiegate per assistere i nostri “vecchi” nonni.
In alcuni casi in questi istituti non c’è più rispetto per i “vecchi” che vengono maltrattati dai dipendenti degli istituti.
Diversi anziani non autosufficienti hanno subito violenze e maltrattamenti di ogni tipo e vengono lasciati invecchiare e marcire in questi istituti.
La pensione dovrebbe essere un momento di riposo per l’anziano che, invece, vive di angoscia, malinconia, solitudine e sofferenza fino alla morte.

L’anziano viene sempre più trascurato, emarginato e abbandonato al proprio destino. Deve invece tornare ad assumere quella che era la sua originaria importanza di portatore di tradizioni e depositario di esperienza, depositario del sapere, e si dovrebbe avere cura di lui nel rispetto di tutte le dimensioni della sua personalità, perché, volente o nolente, la vecchiaia è qualcosa che riguarda tutti e nessuno di noi vorrebbe mai essere emarginato.
Una situazione che non può lasciare indifferenti, un’età che merita rispetto, cura, attenzione delicata, ma soprattutto presenza.

In conclusione, essi rimangono degli esseri umani che continuano ad avere gli stessi diritti di vita di quando erano giovani.
Deve cambiare il nostro atteggiamento di fondo nei loro confronti.
L’età non può essere un motivo per essere messi da parte. Troppo spesso scartiamo tutto ciò che è vecchio (compresi gli esseri umani) come se i segni dell’età comportassero automaticamente una perdita di valore.
E ancora tolleriamo abusi e maltrattamenti nei confronti delle persone più anziane solo per cercare di evitare le noie e i costi che deriverebbero dal dare loro un’assistenza adeguata.
Dovremmo essere in grado di rendere questi anni in più degni d’essere vissuti.
Noi siamo gli anziani del futuro.

di Maria De Laurentiis

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